Domenica scorsa, durante la rituale partitella di calcio tra amici, sono stato sonoramente rimproverato per aver imprecato.
La situazione calcistica, onestamente, giustificava pienamente il mio disappunto (anche se non la reazione verbale, mi rendo conto). Un compagno di squadra, di suo non troppo incline a liberarsi facilmente della palla, si mette a cincischiare con il pallone sulla linea laterale destra, attirandosi tre avversari addosso, e dunque creando ampissimi spazi per me e per un altro compagno, che attendiamo fiduciosi la palla davanti al portiere avversario, COMPLETAMENTE liberi. Si apre un varco per un passaggio, alziamo la mano, gesticoliamo enfaticamente, e gridiamo pure "dalla in mezzo!", e "siamo soli!".
Niente.
Il nostro ricomincia a litigare con la palla, procede a portarsela all'indietro, la perde, dà il via al contropiede avversario, e prendiamo gol.
Mi scappa.
L'imprecazione, intendo.
E' forte e chiara, e consiste in uno dei nomi con cui è noto il figlio terrestre del dio della principale religione monoteista occidentale. Il nome non viene accompagnato da nessuna qualifica dispregiativa, tipo "Porco" o "Boia", per cui non assume i connotati della bestemmia, però viene gridato con tanta enfasi, e calcando sui suoni duri (Ci ed Erre, Esse e Ti), da non lasciare dubbi che si tratti di un'imprecazione, e non della didascalia ad un'improvvisa apparizione celeste.
In più, si è chiaramente nominato il personaggio invano. E pare che sia altrettanto grave che uccidere e desiderare la donna ad altri.
Il compagno di squadra, fervido credente (e comunque persona gentilissima, calcisticamente corretta, e - nonostante questo episodio - per niente egoista o bigotta), si arrabbia, mi rimprovera seccamente e abbandona il campo.
Abbiamo il tempo di chiarirci negli spogliatoi, e di scusarci reciprocamente (io per avergli mancato di rispetto, e lui per la reazione un po' sproporzionata), per cui nessuno strascico rimane del nostro piccolo contrasto, tanto da consentirmi di scrivere questo post in assoluto relax, e senza il timore di (ri)offendere nessuno.
Ho raccontato l'episodio solo perchè lo sviluppo della discussione con il mio amico mi ha fatto riflettere su un paio di punti, in riferimento al valore semantico dell'imprecazione in sè.
Il motivo della reazione del compagno, come egli stesso mi ha precisato, riguardava il suo forte sospetto che, dicendo io "Cr***o!", mi stessi rivolgendo a lui. Come cristiano, giustamente, si è sentito offeso.
Così ci ho pensato: mi riferivo veramente a lui?
E ho maturato quanto segue:
1) No. Non mi riferivo a lui.
2) Se mi fossi riferito a lui, gli avrei affibbiato un epiteto quantomeno sarcastico, se non aggressivo, no? "Idiota!", "Egoista!", "Chi ti credi di essere? Il Maradona dei poveri?", o quant'altro. Naturalmente non ho pensato nessuna di queste cose (anche perché, se qualcuno mi facesse notare i miei errori calcistici, faremmo notte). Ma allora
3) Perchè considerare "Cr***o!" un'offesa? Ma soprattutto
4) Come fa proprio un credente a considerare "Cr***o!" un'offesa? Non dovrebbe, semmai, essere il complimento per antonomasia (non esente, per altro, dall'innescare un certo senso di onnipotenza)? Evidentemente il compagno di squadra ha pensato al comandamento, e - ripeto: giustamente - ha pensato che mancassi di rispetto a lui, come alla religione in genere, nel nominare il personaggio invano proprio in riferimento ad una situazione nella quale ero palesemente deluso del suo operato calcistico. Il che mi porta a meditare sul ruolo dell'imprecazione (questa in particolare, e tutte le altre in generale) nei pensieri dell'imprecante, e a concludere che
5) Qualunque forma lessicale prenda l'imprecazione, essa non è mai utilizzata con preciso riferimento al proprio significato letterale. In altre parole, mai, pronunciando la parola "Cr***o!" ho pensato a) al personaggio noto ai fedeli come Gesù, il Salvatore, il figlio di Dio, o altre denominazioni; b) al fatto che egli potesse essere in alcun modo responsabile dell'errore calcistico del mio amico; c) al fatto che esistesse una qualunque relazione tra quest'ultimo e il personaggio menzionato nell'imprecazione.
E questo vale per ogni imprecazione. Pensateci un attimo: quando dite "Porca vacca!" vi viene veramente in mente un esemplare femmina di bovino dedito al sesso facile ed occasionale? Dicendo "Vaff..." vi state realmente configurando una situazione nella quale il destinatario del vostro messaggio si dedichi a pratiche sessuali convenzionalmente contro natura? E se sì, siete sicuri che la cosa gli dispiaccia?
Dicendo "Boia di un mondo ladro" avete realmente tutto il tempo di a) antropomorfizzare il pianeta Terra; b) immaginarvelo nei panni di un Arsenio Lupin, o di un altro lestofante meno letterario e raffinato; e c) visualizzare questo essere mostruoso con un cappuccio rosso, un'accetta in mano, sopra una pedana generalmente in legno, pronto a giustiziare un povero innocente (probabilmente l'emittente dell'imprecazione)?
Secondo me, no.
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3 comments:
ahahahahahahah! Aggiungerei che l'insulto "porca vacca" è un'illecita istigazione alla produzione biotecnologica di chimere eticamente improponibili.
Forse il tuo amico si è offeso perchè, da bravo credente, si è letto tutto quel romanzo il cui protagonista è appunto la causa del dibattere e, sapendo bene come va a finire, ha pensato che tu gli stessi augurando di fare la stessa fine... Tz tz tz certe cose non si augurano neanche ai peggiori nemici ;-)
p.s. ma tutto ciò è avvenuto nella laicissima finlandia? Non ci posso credere!!!! Tanto valeva che rimanessi nella terra dei papaboys e ratzingirls!
Giusto! Dimenticavo di dire che il tipo che se l'è presa è italiano.
Avevo dato per scontato che si capisse
leggere l'intero blog, pretty good
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