Saturday, July 30, 2005

Come demolire lo zoosemioticista

Le discipline zoosemiotiche, e quelle zoomusicologiche in particolare, costituiscono da qualche tempo una preoccupante minaccia per il mondo accademico, a partire dall’Università di Helsinki, che da qualche tempo di questa minaccia è uno degli epicentri. Elaborare una strategia di difesa, o meglio ancora di sabotaggio, è dunque non solo una necessità, ma proprio un dovere morale e politico per l’intera comunità scientifica.

Qui di seguito sono riportate alcune utili – e sperimentate con successo – indicazioni per smantellare ogni pretesa di serietà del discorso zoosemiotico. Valga per ognuna delle strategie suggerite, le parole-chiave che ne descrivono lo spirito sono generalizzazione, sincretismo, semplificazione, banalizzazione.

1 – Estendere il più possibile l’area dei possibili interessi dello zoosemioticista. Studiare un determinato comportamento di una determinata specie animale in un determinato contesto può e deve significare nella mente del sabotatore un onnicomprensivo interesse verso tutto il Regno Animale, incluse le sue sfumature più tangenti ed indirette. Qualunque Dr. Mario Rossi, studioso dei meccanismi di comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, va messo al corrente sistematicamente a) dello stato di salute e dell’attività ludica del gatto del sabotatore; b) della recente uscita nelle sale cinematografiche di un enne Free Willy; c) della clamorosa scoperta che due mucche di una fattoria della Florida hanno prodotto il triplo del latte grazie all’ascolto dell’intera discografia di Bruce Springsteen; e d) del fatto che una pagina dell’ultimo libro letto dal sabotatore contenga un riferimento all’attività venatoria di Federico II.

2 – Considerare l’eventuale e probabilissimo amore dello zoosemioticista verso gli animali come una precisa colpa scientifica. Va benissimo se uno studioso di Shakespeare ami Shakespeare, ma se lo zoosemioticista ama gli animali vuol dire almeno che è vegan, partecipa alle azioni dell’Animal Liberation Front e getta uova marce alle donne impellicciate all’uscita dall’opera. Di conseguenza

3 – Distribuire, a intervalli regolari, qualunque possibile luogo comune sugli animali e sulla relazione tra questi e gli esseri umani. Alcuni suggerimenti: a) meglio cento cavie che un bambino; b) gli uomini sono andati sulla luna, mica le zanzare; c) la caccia contribuisce all’equilibrio della fauna; e d) la dieta vegetariana è povera di proteine e ferro.

4 – Fare ampio uso del cosiddetto fattore PP, ovvero petitio principii. Ad esempio, nell’analisi delle differenze tra esseri umani ed altri animali, mostrare inesorabile chiarezza su tutti quegli argomenti che invece, nel discorso unicamente antropologico, chiari non lo sono affatto, come il concetto di linguaggio, intelligenza, estetica, autocoscienza etc. In altre parole, va benissimo se esiste totale discordanza sulla definizione di musica, l’importante è stabilire – dinnanzi a uno zoomusicologo – l’indisputabile assioma che essa sia un fenomeno esclusivamente umano. L’utilizzo del fattore PP rende inutile spiegarne il perché, impresa che di fatto sarebbe tutt’altro che agevole.

5 – Usare senza distinzione tutti gli intergroup biases offerti dalla psicologia sociale. A monte, la percezione del Regno Animale va articolata secondo una classica dinamica ingroup-outgroup: esseri umani da un lato, e tutti gli altri animali dall’altro. In particolare, si suggerisce il ricorso al cosiddetto outgroup homogeneity effect, che più di altri consente al sabotatore di fare di tutta l’erba un fascio. Per esempio, un comportamento rilevato in un ippopotamo si può considerare a priori rilevabile anche in uno squalo. Visto uno, visti tutti.

6 – Ricordarsi che quello degli animali è un soggetto naif. Del resto la maggior parte dei programmi televisivi o cinematografici sugli animali hanno un target infantile. Tale risorsa può essere capitalizzata in tre modi. Supponendo che il Dr. Mario Rossi, presentandosi, informi il sabotatore della sua ricerca sulla comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, il sabotatore potrà reagire: a) con un leggero comprensivo sorriso che sottintenda un commento del tipo: “che cosa simpatica”; b) con finta invidia, sul genere: “beato te che puoi occuparti di queste cose! Io invece mi occupo di elettrotermografia”. Ovvero, “beato te che ti puoi divertire con queste cosucce: io devo contribuire al progresso”; c) con una ribattuta del tipo: “ma pensa che combinazione… proprio ieri stavo raccontando la favola di Cappuccetto Rosso a mia nipote”.

7 – Qui ci vuole molta compattezza tra i sabotatori. Tutti, ma proprio tutti, all’atto di apprendere l’attività del Dr. Rossi, dovrebbero fargli attraversare tre fasi: ripetizione, spiegazione, meraviglia. Esemplificando:
SABOTATORE: Di cosa ti occupi?
ROSSI: Zoosemiotica
S: Zoocosa?
R: Z-o-o-s-e-m-i-o-t-i-c-a
S: Zoosemiotica… e che cos’è?
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo!
Alla lunga, l’esposizione a una tale continua ridondanza dovrebbe sfiancare il Dr. Rossi. Qualora ciò non dovesse accadere

8 – È bene gestire anche la fase successiva alle succitate ripetizione-spiegazione-meraviglia, la fase FAQ, ovvero Forever Asked Questions. Le FAQ possiedono tre caratteristiche: sono poste di continuo (anche più volte dallo stesso sabotatore, in tempi neanche troppo distanti); riassumono concetti estremamente complessi ed articolati (sul genere “che cos’è l’amore” o “credi in Dio”); e pretendono risposte semplici, concise e convincenti. Riprendiamo il dialogo tra S e R:
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma davvero gli animali comunicano?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! E così gli animali comunicano… ma che si dicono?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma come fai a entrare nella loro mente per capire se veramente comunicano?
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma… comunicano-comunicano o… [ruotando le mani come per esprimere approssimazione] ‘comunicano’?

9 – In supporto alle FAQ, ed in particolare alla terza delle loro caratteristiche, il sabotatore può mostrare segni di insofferenza verso la spiegazione – necessariamente elaborata – fornita dal Dr. Rossi. “Sì, però stringi…”, “Sì, però in parole povere questo che vuol dire?”, “Sì, però insomma: comunicano o no?”, “Sì, però adesso non metterti a fare la conferenza”, e via di seguito.

10 – Presentare il Dr. Rossi ad altri amici come “cacciatore di lupi”, o “vecchio sciacallo”, o “lupo mannaro”. Far seguire una grassa risata.

Thursday, July 28, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (3)

C'era anche Mancopo Cassio, il re che non ne voleva sapere

Wednesday, July 27, 2005

inaugurazione della sezione SITUAZIONI UMILIANTI SENZA USCITA (SUSU)

Avete presente quella legge di Murphy che fa: "Non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi nemmeno ritirarti"? Ecco, questa è una SUSU: è quel genere di situazione dove qualunque cosa si faccia per cercare di uscirne si sbaglia. E non solo si sbaglia, si viene anche mazziati. Col tempo, ho collezionato un numero sufficientemente alto di SUSU per poterne stilare un piccolo database. Ve ne proporrò alcuni esemplari.

Cominciamo con una SUSU accaduta a Tartu, Estonia, poche settimane fa. Ristorante cinese. Comitiva di 10 persone esatte, incluso il sottoscritto. Unico vegetariano in un Paese, l'Estonia, che è tanto bello quanto carnivoro (corre voce che tutte le volte che lo visito, la percentuale di vegetariani nell'intero Stato entri nel novero dei numeri reali). La comitiva siede nel famigerato tavolo rotondo con il supporto girevole che serve a far circolare i piatti (attrezzo che già mi infastidisce di per sè, visto che detesto condividere il cibo: ordino quello che voglio e voglio quello che ordino!). Si decide di ordinare una serie di piatti da condividere, e naturalmente è un tripudio di polli alle mandorle, gamberoni fritti, anatre alla pechinese e maiali in agrodolce. Naturalmente ne deduco che non dovrò partecipare al banchetto, e che dovrò ordinare qualcosa solo per me, per un elementare senso di giustizia etica e algebrica: se ordino un piatto vegetariano, e questo risulta essere l'unico che posso mangiare in un campionario di 10 portate, alla fine mi spettera un decimo di porzione, e quindi un centesimo della cena, mentre i necrofagi (che non devono necessariamente rinunciare al vegetale) potranno assumere i ben più normali 10 centesimi del pasto.

Presa la decisione di ordinare una pietanza autonomamente, scatta una prima fase di pre-SUSU:
che faccio, dico ad alta voce che prendo un piatto solo per me?
Non lo dico, perchè sennò faccio la figura dell'ingordo che non vuole rischiare di rimetterci un singolo chicco di riso del proprio piatto. E poi il rischio di risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica "non ti preoccupare, il tuo piatto non te lo tocca nessuno" è alto.

Ordini effettuati. Dopo pochi minuti (efficienza estone) i piatti sono già serviti. Prendo il mio tofu funghi e bambù da parte, e lascio i cadaveri ai carnivori. Arriva già la prima occhiata storta, del genere "guarda quell'imbroglione che si prende il piatto tutto per sè, così - tra quello intero e gli assaggini dagli altri - mangerà più di tutti noi altri". Naturalmente il fatto che sia erbivoro, situazione di cui tutti i miei commensali sono a conoscenza, non sfiora la fautrice di quell'occhiata.

Seconda fase di pre-SUSU:
che faccio, lo ricordo ora che sono veggie e che ho ordinato un piatto a parte, visto che a nessuno è passato per la mente che sarebbe stato carino ordinare almeno un paio di piatti senza carne per farmi simbolicamente partecipare al banchetto, o - alternativamente - invitarmi in pubblico a prendere qualcosa per conto mio, visto che non avrò l'onore di partecipare alla necrofagia?
Non parlo neanche adesso, perchè di fatto nessuno mi ha detto niente, e dunque il rischio di una seconda risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica(-e-anche-un-po'-stizzita) "Fa' pure. Guarda che nessuno si sta lamentando" è sempre elevato.

Ovviamente però non sono tranquillo: le occhiate oblique aumentano e io faccio sempre più la figura dell'ingordo egoista (cosa che in generale può essere vera, ma senz'altro non in questo caso). Mangio poco e con molta ansia. Sarebbe meglio legittimare la mia condizione in modo più ufficiale, così posso mangiare in pace (tra l'altro il tofu estone è buono). Opto per il gesto plateale. Offro - a voce abbastanza alta, in modo da poter essere sentito da più persone - un po' del mio tofu al vicino di posto, sicuro che, al massimo, egli ne prenderà un assaggino giusto per curiosità ma poi dirà realmente-comprensivo: "Non preoccuparti, mangia pure... sennò per te non c'è niente".
Illuso! Il vicino ringrazia distrattamente (come chi non riceve un favore, ma semplicemente qualcosa che gli spetta di diritto), si impossessa del piatto, ci affonda generosamente il cucchiaio, e - a scempio compiuto - lo ripone meccanicamente sul supporto girevole, come ha già fatto sei o sette volte durante la serata.

La SUSU vera e propria è cominciata. A questo punto non si può fare più niente: qualunque azione io possa intraprendere mi fa fare una figura di merda. O ingordo, o egoista, o polemico, o maleducato. Oppure, in mancanza di reazione, danneggiato economicamente e/o moralmente.
Mi alzo, allungo il braccio e mi reimpossesso del piatto? Ingordo.
Faccio girare velocemente il supporto e mi riapproprio del mio piatto prima che qualcun altro lo allegerisca ulteriormente? Maleducato.
Faccio notare che quel piatto è mio? Egoista.
Sollevo il problema del mio vegetarismo all'interno dell'economia di quella cena? Polemico.
Mi rassegno a mangiare quello che rimane (se rimane) del mio tofu, dopo un giro completo del supporto e altri 8 commensali che non hanno ancora assaggiato la pietanza? Danneggiato.
Ordino un altro piatto? Ingordo.
Mi alzo e me ne vado? Maleducato.
E così via, in loop.

Ora. Da un punto di vista logico, la SUSU è un sistema perfetto: ogni azione intrapresa porta ad un risultato coerente con le altre, almeno pragmaticamente (ma, di fatto, anche semanticamente). Se indichiamo con X quel risultato etico-economico nel quale il soggetto A viene penalizzato, si dimostra facilmente che qualunque azione A1, A2, A3, etc. porta a X.

Quindi, la SUSU è il Logos, la Res Extensa, la Ragion Pura.

Tuesday, July 26, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (2)

C'era anche Fabio Fazio, il re che oltre a essere condottiero era anche conduttore

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (4)

C'era anche Piccolo, il nano verticalmente svantaggiato

Saturday, July 16, 2005

mi sforzo

...eppure una donna più cretina della Fallaci non mi viene in mente. Più stupide sì, più ignoranti pure. Ma più cretine, proprio no.
Mah!

Wednesday, July 13, 2005

Compagno Bobtail Camerata Rottweiler

Scritto nel lontano 1998, questo brano non è altro che la specializzazione ecologico-animalista, del pezzo di Giorgio Gaber "Destra & Sinistra", che è anche un gioco che adoro e che mi diverto ad applicare a vari contesti, con somma insofferenza di chi mi è vicino in quel momento. Si prende un qualunque argomento (oggetto, situazione, personaggio...) e gli si conferisce, giustificandolo adeguatamente e con logica, una connotazione politica, secondo un'ottica bipolarista. C'è anche una variante proporzionale, ma la lasciamo perdere per oggi.
I parametri di giudizio sono molteplici e liberi: si può tener presente la forma, la storia, l'utenza culturale dell'oggetto in questione e quant'altro si reputi opportuno. E così, partendo dallo storico dualismo prosciutto crudo-mortadella, il gioco si dipana fino a vette sublimi quali il golf (di destra perché sport individuale ed elitario, in opposizione al calcio, o meglio ancora alla Benniana Pallastrada) e la posizione a smorzacandela (di sinistra in quanto forma di emancipazione femminile, in opposizione alla pecorina).
Durante quella remota sera del 1998, pensai di circoscrivere queste riflessioni al ramo etico-sociale che più mi sta a cuore. Del tutto si potrà fare una sana risata, o, volendo, una semiseria analisi sociologica.

Fatto sta che in un periodo di compromessi e di melmismo ideologico-politico, ristabilire un pò di distanze mi sembra un'operazione piuttosto salubre.

Dunque. Cominciamo dalle cose facili. Caccia a destra e pesca a sinistra, indubbiamente. La tradizione, le prese di posizione dei partiti, la stessa 'morfologia' dei due (pfui!) sport, non può che imporre questa scelta. Del resto il fucile è parte integrante dell'oggettistica di destra, così come, a sinistra, la -ehm!- canna. Naturalmente, si distinguono anche delle correnti interne, visto che la caccia nei boschi è certamente meno a destra di un safari, e che la pesca da canna è più a sinistra di quella subacquea.
Delle altre crudeli forme e manifestazioni di maltrattamento ai danni degli animali, va notato che la lussuosa e anacronistica pelliccia fa sicuramente parte del repertorio destrorso, mentre i mancini optano con (forse) altrettanta insensibilità verso gli abiti in pelle, più economici e tamarri (per inciso, esiste il tamarro di destra e il tamarro di sinistra. Quello a cui mi riferisco adesso è il genere Ligabue-Springsteen). All'interno della categoria, non esiterò a collocare a destra gli accessori in coccodrillo, e a sinistra quelli in cuoio.

Cambiando argomento, la gente di destra sembra molto più incline al vegetarismo per ragioni salutiste e dietetiche, mentre nei vegetariani di sinistra, di minor numero, prevale la scelta etica. Va detto che la rinuncia alla carne è vissuta dal compagno come triste memoria delle carestie belliche, mentre la camerata vive questa scelta come uno status symbol, come di chi può 'permettersi' di farne a meno. Delle carni, collocherei la coscia di pollo a sinistra e l'anatra all'arancia a destra, mentre, per il pesce, che costituzionalmente è più a destra della carne nonostante l'apparente paradosso, ritengo più 'rosso' il merluzzo e più 'nero' il filetto di platessa.

Gli antivivisezionisti di sinistra ce l'hanno molto di più coi cosmetici che non con i farmaci, e naturalmente, a destra, la prospettiva si inverte. Negli orrori di stampo folklorico, invece, la corrida e il palio di Siena vanno a destra, contrapposti al circo e al combattimento tra galli, che sono forme di svago più proletarie e/o malfamate. Gli zoo, ahimè, sono trasversali.

Prevale, tra le camerate, più che l'animalismo, che si colloca à gauche, la zoofilia, scandita da tristemente noti ideali razzisti. Infatti, il cane di razza è per definizione nero, beatificato dal padrone che lo considera superiore, mentre il bastardino, meglio se trovatello, è inequivocabilmente rosso. Segnalo ancora qualche corrente interna. Rottweiler e Doberman, non foss'altro per i nomi, tendono molto più a destra di un dalmata (grazie al J'accuse anti-pellicce della Carica dei 101) o di un bobtail (che è capellone, e dunque sessantottino). Rin Tin Tin è comunque il tipico yankee imperialista di destra.

I gatti partono già più a sinistra, in quanto meno asserviti al dispotismo umano (tra l'altro, hanno i baffi!). In particolare i randagi, che, organizzati in autentiche comuni, vivono dei rifiuti della società capitalistica e non possono che strizzare l'occhio a Marx, rispetto a spaparanzati e ultra-coccolati persiani, il cui modello sembra essere Re Sole.
Degli altri animali domestici, mi sembrano più di sinistra i pappagalli, dotati di maggiore dialettica e di una ridondanza oratoria sottilmente ironica verso il sistema, che non i canarini, il cui canto, nell'incivile condizione cui l'essere umano li relega, appare più simile a un Me ne frego, che non a una ballata di Joan Baez. A destra è anche l'acquario, all'opposto dell'ampolla col pesciolino, soprattutto se rosso!

Capitolo volontariato. A monte, le fondazioni e i circoli vanno a destra e le associazioni e le leghe a sinistra. Ne consegue che il WWF e l'ENPA sono nere (anche perchè le politiche protezioniste e conservazioniste sono tipiche di quest'area politica), mentre la LAV e la Legambiente sono rosse. Discorso a sé va fatto per l'Animal Liberation Front, che appartiene ad una frangia sicuramente extra-parlamentare, ma bisogna vedere da che parte. Se infatti, da un lato, le sue incursioni terroristiche, senz'altro condannabili, si rifanno chiaramente alle tecniche di strategia della tensione di estrema destra; dall'altro, l'intento è palesemente rivoluzionario, per cui se si accetta l'idea che l'attuale stato di cose, in materia di diritti animali, è paragonabile ad un regime totalitario fascista, ben vengano i partigiani dell'ALF a liberare gli oppressi.

In ultimo, uno sguardo agli animalisti celebri. La sinistra può vantare una schiera molto nutrita, da George B.Shaw, notoriamente comunista dichiarato, a Albert Einstein. Da Gabriele Salvatores a Fabio Fazio e Peter Gabriel (la sinistra dei Genesis). Camerate animaliste sono invece Brigitte Bardot (dichiarata simpatizzante di LePen), Franco Zeffirelli (deputato di Forza Italia), Adriano Celentano (leghista), Phil Collins (la destra dei Genesis), e, più indietro nel tempo, Federico II (che, sì, cacciava, ma che è stato il primo a imporre dei divieti di caccia nelle zone a rischio, salvando di fatto molti esemplari dall'estinzione) e Adolf Hitler (sincero amante degli animali, e - anche se duole ammetterlo - fautore, durante il nazismo, di una civilissima legislazione in materia di diritti animali). Abbastanza neutrali andrebbero considerati i Beatles (sicuramente McCartney e Harrison, Ringo come al solito si accoda, mentre su Lennon ci sono notizie contrastanti, ma a sentire "The continuing story of Bungalow Bill" bisogna accreditargli come minimo un disprezzo verso la caccia), mentre decisamente super partes è il vegetariano dei vegetariani, Leonardo da Vinci.

E questo è quanto. Giova, a mo' di conclusione, sottolineare che sia l'interesse che il disinteresse verso queste tematiche mostra in generale un carattere molto al di sopra delle parti, e in un certo senso, al di sotto. Infatti, la consapevolezza ecologica ed interspecifica sono potenzialmente alla portata di tutti e al di là dei pregiudizi ideologici, ma, allo stesso tempo, appare evidente che questa consapevolezza non è stata acquisita ne' da una fazione ne' dall'altra (soprattutto dell'altra mi girano un po' le scatole: tanto parlare di anti-razzismo e anti-fascismo, ed eccoli cadere in un blando e interminabile campionario di specismo). C'è ancora da aspettare, anche se ragioni per essere ottimisti ce ne sono.

Monday, July 11, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette

C'era anche SERVO STERZO, il re che facilitò la svolta

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (3)

C'era anche LUPPOLO, il nano che andava all'Oktober Fest

Friday, July 08, 2005

Liguori scende in campo lungo

Non riusciro mai a venire a capo di un personale dubbio: è più pericoloso Emilio Fede o Paolo Liguori? Vado a periodi: la sfacciataggine senza alcuna inibizione di Fede sarebbe assolutamente innocua, se non ci fosse gente che scambia il suo irresistibile spettacolo di cabaret per un telegiornale. Quindi, chi se la beve, se la beve grossa. La parvenza lievemente più sveglia di Liguori (che è tutto dire) alle volte mi preoccupa di più, perchè - anche se la forma è un tantino più cauta (che è nuovamente tutto dire) - i contenuti (altrettanto deliranti) si insinuano più infidi e insospettati. E' un bel problema...
Però oggi mi occupo di Liguori. Nell'editoriale di TgCom sui fatti di Londra (http://www.tgcom.it/mondo/articoli/articolo265538.shtml), intitolato "Una grande lezione di inglese", il nostro (il nostro? Il loro!!!) ha giustamente messo in evidenza la dignità mass-mediatica degli inglesi, che in effetti, nel coprire l'evento, hanno cercato di limitare al minimo inutili vittimismi e Tv del dolore. Scrive il loro:

"Ore di diretta televisiva non ci hanno mostrato una sola immagine di dolore esasperato, di terrore. Le telecamere hanno lavorato costantemente con i campi larghi e lunghi. Non abbiamo visto neppure un primo piano di feriti, morti, persone disperate. E questo è avvenuto all’unisono da parte di tutti i mezzi d’informazione, proprio nel posto in cui è nato storicamente il libero mercato e la concorrenza. Nessun mezzo d’informazione ha violato la consegna morale, né per un’immagine in più, né per la conquista di un ipotetico spettatore".

E in effetti c'è da essere d'accordo. Bravo Liguori? Macchè... vado a vedere la galleria fotografica (http://www.tgcom.it/fotogallery/fotogallery1444.shtml) che TgCom ha dedicato all'attentato e...








Più tante altre che potete verificare di persona.

Una grande lezione di inglese.

Siamo tutti d'accordo.

Peccato che a quella lezione Liguori abbia bigiato.

giusto per rinforzare il concetto...

Beppe Grillo (www.beppegrillo.it):
"E poi l’integrazione, chi viene in Europa dovrebbe rispettarne le leggi o andarsene. Voglio un’Europa sorridente, multietnica, unita dagli stessi valori, in cui lo Stato viene sempre prima delle dottrine religiose e dei fanatici".

Il genio di Eugenio

In mezzo a tanta retorica sugli attentati terroristici di Londra, Eugenio Scalfari si è distinto per una riflessione coraggiosa, intelligente, e - dal mio punto di vista - giustissima. Di quelle che "era ora!":
Dalla Repubblica (http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/esteri/londrametro2/scalfebaric/scalfebaric.html): "bisogna interrogarsi sul perché le grandi religioni monoteiste siano occasione di guerra. È un tema estremamente delicato, ma le religioni che mettono l'accento su verità assolute, perché rivelate, contengono in sé un principio di intransigenza. Si sentono depositarie di una verità assoluta da insegnare agli altri per la salvezza dell'anima".

Thursday, July 07, 2005

dilemma

Ma io, in quanto vegetariano, se gioco a scacchi lo posso mangiare il cavallo?

Monday, July 04, 2005

TELADOIOLAFINLANDIA - Della canzone italiana

Se vi capita di entrare in un negozio di dischi non Italiano, cercate la sezione dedicata all'Italia: avrete una definizione molto chiara del concetto di 'stereotipo'. Questo pezzo l'ho scritto dopo essere stato nel Megastore di Stockmann, a Helsinki...

***

Te la do io la canzone italiana! Ma chi l’ha detto che i finlandesi ascoltano solo Ramazzotti, Bocelli e la Pausini? Certo, siamo tutti d’accordo che la maggior parte delle volte che la radio di un bar o di un autobus cosparge musica italiana sulle nostre orecchie, sono questi tre a farla da padrona, soprattutto in occasione di una nuova uscita discografica. Ma, parola di musicologo, c’è vita dopo La Solitudine e Più Bella Cosa, tra gli scaffali dei negozi di dischi di Helsinki. E non sto parlando degli sporadici Paolo Conte e Jovanotti che trovate in un Sokos qualsiasi.

No.

Qui c’è di più.

Qui ci sono le compilation. Le compilation di musica italiana.
Badate bene, non è facile fare una compilation di musica italiana all’estero. Intanto perché, terzetto sopraccitato a parte, ascoltare musica italiana in uno stato non italiano non è esperienza di ogni giorno. Poi perché, inevitabilmente, le esigenze di marketing sono diverse. In Italia si può far leva sulla fama degli artisti inclusi nella compilation. In Finlandia, se non ti puoi permettere un Eros d’annata come brano d’apertura, non hai un ‘traino’ adeguato, e dunque ti tocca puntare su altri fattori, a cominciare dall’esotismo. Che è esattamente quello che si farebbe in Italia se si volesse propugnare agli acquirenti una compilation di musica irlandese senza il traino di un pezzo degli U2 o dei Cranberries. Un po’ di verde in copertina, la foto di un Irish Pub, caratteri celtici e - voilà - il ‘colore’ irlandese è servito.
Nessuna meraviglia, dunque, se anche nei nostri confronti si procede per stereotipi. Il sole, il mare, la pizza, parole-chiave come “Amore”, “Nostalgia” e “Cantare” combinate a random (tipo “Nostalgia Italiana”, “CantAmore”, e “Canta Italia”), e chiunque si trovasse a stringere tra le mani un CD di questa serie non potrà non avventurarsi col pensiero nei meandri di una gita al Colosseo o di una sacrosanta abbuffata “da Ettore”.
Capite bene che, con cotanta attenzione pubblicitaria nei confronti della confezione, il contenuto, cioè la musica, diventa un particolare seriamente marginale.

Ed è qui, esattamente qui, che vi sbagliate. Col supporto della mia finora indiscussa (soprattutto perché ignota) competenza musicologica, intendo iniziarvi alle meraviglie delle compilation di musica italiana in vendita ad Helsinki. Tacerò, non tanto per non fare pubblicità ma proprio per decenza, i nomi dei negozi che ho frequentato, ma - per aiutarvi - vi dirò che ho rovistato solo tra gli scaffali di quegli esercizi che riportavano una sezione esplicitamente etichettata “Italy”.

Cominciamo in sordina. La già citata compilation “Nostalgia Italiana” non sembra infatti essere il massimo dell’attrazione. Il problema è l’offerta musicale, che non è di altissimo livello. Tanti, troppi sono i cantanti sconosciuti o semi-sconosiuti che popolano la raccolta: tali Lucio Battisti (mai sentito), Patty Pravo (probabile errore di stampa: si scriverà Patty Bravo), Bobby Solo (italo-americano?)…
Poche le star: Tony del Monaco, con l’indimenticabile Una spina e una rosa, i Protagonisti, con la sempre attuale Noi ci amiamo, e Antoine, con Cos’hai messo nel caffè, manifesto di un’intera generazione.

“Italo Pop” è sulla stessa lunghezza d’onda. I classici sono La vita è bella degli immortali Filadelfia (da questa canzone l’omonimo film di Benigni) e Il sole d’Italia dei grandissimi Fratelli d’Italia (guidati dall’indiscusso leader Goffredo Mameli). Ah, quanti ricordi… Il resto sono giovani promesse che portano il nome di Mengoli Paolo, Reitano Mino e Dallara Antonio, detto Tony. Poca roba, se paragonata con ciò di cui sto per dirvi.

Rullo di lupare: signore e signori, ecco a voi “Il canto di malavita - la musica della mafia, vol.I”. So che non ci crederete mai, ma questa compilation esiste davvero, ed evidentemente c’è anche un volume secondo. Canzoni e cantanti sono impagabili. El Domingo gioca la carta della tassonomia, e ci propone ‘Ndrangheta, Camorra e Mafia, che , come pugliese, mi lascia un po’ interdetto per via dell’ingiustificata assenza della Sacra Corona Unita. Semplice dimenticanza, o regolamento di conti? Caserta Plutino mischia un po’ le carte e getta ombre su un personaggio amatissimo dal pubblico: U ballu da famigghia Muntalbanu ci ricorda infatti che non possiamo proprio fidarci di nessuno. F.Cimbalo (scritto proprio così, con l’Effe puntato… meglio non farsi riconoscere del tutto) ci riporta agli scottanti temi della faida e della vendetta con Sungu chiama sungu, brano di rara intensità. Di nuovo El Domingo ci riporta ai fondamentali doveri di cittadini con l’evergreen Omertà, e sulla stessa lunghezza d’onda Natino ci propone la struggente Mafia leggi d’onuri. Effe puntato Cimbalo fa gridare al capolavoro con la drammatica Chi sgarra paga, mentre Diego Barbaro ci mette di fronte alla difficoltà della vita e delle sue scelte con la sofferta Addiu ‘ndrangheta. Ma il picco sono le due canzoni finali, rispettivamente di Fred Scotti e del vivacissimo El Domingo, che ci ricordano come non tutto nella vita vada per il verso giusto, e un uomo, un vero uomo, deve accettare con la stessa dignità i favori e le avversità: sono Canto di carceratu e Ergastulanu. Un epilogo in crescendo.

Sconvolto da tanta bellezza, mi sono lanciato alla ricerca del secondo volume. Siete liberi di non crederci, ma l’ho trovato: ho trovato anche il secondo. “Omertà, onuri e sangu - la musica della mafia, vol.II”. La particolarità più stuzzicante di questa compilation sono gli autori, questa volta citati solo per nome di battesimo: Mimmo, Pasquale, Nino, Tony, Nicola… la gente è maliziosa, qualcuno potrebbe indagare. Meglio restare sul vago. Il più prudente di tutti si fa chiamare Unknown. Musicalmente, questo secondo episodio è all’altezza del primo: Nun c’è pirdunu di Diego è un pezzo che non si dimentica. Ma è la canzone finale che fa riflettere, perché si sono dette tante cattiverie sulla mafia, ma nessuno si è sforzato di capire che, come tutti noi, anche ‘loro’ hanno un cuore. È Mimmo a ricordarcelo: il pezzo - indimenticabile - si chiama Vulimu Paci. Da più parti, è indicata come la nuova Imagine.

Rimane il tempo per un’ultima compilation: “Italo Pop Duets”. È, per l’appunto, una raccolta dei duetti più celebri e celebrati della musica italiana. State pensando ai Tozzi e Raf? O a Dalla e Morandi? O a Oxa e Leali?

Illusi!

Qua facciamo sul serio, altro che Gente di Mare… Qui abbiamo:

1) Gianni Dei & Sandra Milò. Scritto proprio così: Milò, con l’accento. Il pezzo si chiama Ma sì che c’è la fai. Scritto proprio così: c’è, con apostrofo e accento. A questo punto viene da pensare che il titolo completo sia Ma sì che c’è la fai a mettere gli accenti a vanvera. Ma è anche probabile che Sandra Milò non sia la nota attrice e presentatrice, ma - tipo - una pittrice cinese (battuta pessima, mi rendo conto, ma qui si deve lavorare). Oppure che il titolo vada letto come Ma sì che c’è la Fai, con la effe maiuscola, nel senso di “ma certamente che la signora Fai è in casa”, oppure di “è ovvio che esiste la Federazione Arbitri Indonesiani”;

2) Gepy & Gepy. Più che un duetto sembra un duo, ma non mettiamoci a sottilizzare. Potrebbe anche essere un unico cantante schizofrenico. Certo è che se si accetta Gepy & Gepy come duetto, allora

3) Athos & Mancini & Pamela Prati vanno considerati un terzetto, e non un duo (Athos & Mancini) che duetta con Pamela Prati. Ma mi rendo conto che la matematica non è il mio forte, così decido di consolarmi con la loro impagabile canzone: Tango delle 11;

4) I Fratelli d’Italia. Ancora loro. Da soli, però: non duettano con nessuno. Se ne deve dedurre che, oltre a Mameli, c’è solo un altro componente nel gruppo. Ma ormai è stato creato un precedente, così i successivi

5) Filadelfia,

6) Meccano, e

7) Nuovi Angeli vengono annoverati a pieno titolo nella categoria duetti. Bontà loro…

Ho ancora una cartuccia da sparare, la migliore di tutte. Un duetto storico. Il simbolo tangibile dell’unità tra classe dirigente e proletariato auspicata da Fritz Lang in Metropolis. Signore e signori, non sto scherzando, l’ultimo duetto vede costituirsi l’inedita combinazione (Tah-Dah!!!) Ricchi & Poveri.

Un capolavoro di compilation.

E voi avete ancora il coraggio di fossilizzarvi sulla Pausini?

Saturday, July 02, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (2)

C'era anche PIANEROTTOLO, il nano che non varcava mai la soglia

Friday, July 01, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette

C'era anche MOCCOLO, il nano single che amava uscire con le coppie.