Thursday, December 29, 2005

botti di capodanno



Quand'è giusto è giusto (non si era detto niente tautologie???): complimenti a TgCom per aver riportato la seguente notizia:

Ogni anno decine di animali di proprietà si perdono, durante le celebrazioni del Capodanno, a causa dello spavento provocato dalle esplosioni dei fuochi d’artificio e dei petardi che in molti animali evocano un vero e proprio terrore. Non di rado l’improvviso scoppio può anche provocare seri incidenti in quanto gli animali, anche se correttamente tenuti al guinzaglio, possono scappare dalla custodia del padrone e attraversare le strade, rischiando non soltanto la loro vita ma anche potendo provocare seri incidenti. A questo bisogna comunque aggiungere, per dovere di cronaca, l’elevato numero di incidenti che provocano serissime conseguenze anche fra gli utilizzatori dei botti di capodanno.

Lo scoppio dei petardi non costituisce comunque soltanto un problema per gli animali domestici ma, anche per quelli selvatici ai quali, il rumore provocato dalle esplosioni, ricorda quello delle fucilate, specie in un periodo in cui la caccia è ancora aperta e la fauna selvatica è già costantemente sotto stress. La Sezione Enpa di Milano invita quindi tutti i cittadini a voler bandire, o quantomeno limitare, l’uso di petardi ed altri materiali esplodenti per non creare inutili problemi all’incolumità sia delle persone che degli animali. Nel caso si reputi di non poter proprio festeggiare il capodanno senza esplosioni sarebbe già molto fare la massima attenzione a dove si buttano i petardi, verificando l’assenza di animali nei dintorni.

Wednesday, December 28, 2005

discorso di fine anno

Allora, il 2005 sta finendo ed è tempo di bilanci, soprattutto è il momento dell'autocritica e dei buoni propositi. In più, Natale è il momento del perdono: tutti si è più generosi e inclini alla buona azione.

Dunque, nel 2005 hanno definitivamente rotto i marroni:

1) IL GOLF: sport più a destra di LaRussa, più inutile di Mastella, e più stupido dei due messi assieme;

2) LO SLOW-FOOD: prima i ricchi ce l'hanno messa in culo togliendoci il tempo di mangiare comodamente e lanciando i fast-food, e poi ce l'hanno rimessa in culo riscoprendo la cucina povera e facendola pagare 10 volte di più;

3) I PANTALONI DEI TEEN-AGER: non se ne sono ancora accorti che sono troppo larghi e che sembra veramente che si sono cagati addosso?;

4) LA SAGGEZZA SPICCIOLA, IN PARTICOLARE LE TAUTOLOGIE: basta con le citazioncelle di latino, basta con le frasette da buon senso, e soprattutto basta con espressioni tipo "la qualità è qualità" (quasi sempre seguita da "non c'è niente da fare"). Non significano un cazzo;

5) I VIDEO DEI RAPPER DI COLORE: sono tutti uguali. Si vestono come un incrocio tra Michael Jordan e un negozio di bigiotteria, si mettono a fare quei gesti idioti vicino alle telecamere, e si fanno sempre circondare da belle ragazze in costume. La vogliamo introdurre una variazione, sì o no?;

6) LA TRADIZIONE: d'accordo che è importante, d'accordo che va preservata, d'accordo che chi non comprende il passato ripeterà gli stessi errori eccetera eccetera, però che palle!;

7) LO SKA E LA PIZZICA TARANTATA: in Puglia non si suona più nient'altro. O è un trionfo di Un-Zah Un-Zah Un-Zah, oppure si finisce al punto 6. A ri-che palle!;

8) LA PRIMA CLASSE, LA BUSINESS-CLASS ECCETERA ECCETERA: è possibile che esistano ancora nel XXI secolo? Ma allora illuminismo, Rivoluzione Francese, Comune di Parigi, lotta di classe, Dichiarazione dei diritti dell'uomo... è stato tutto inutile?;

9) IL NAZIONALISMO: mi sbaglio o sta tornando pericolosamente di moda un po' dappertutto? Li vogliamo recuperare un po' di sano cosmopolitismo e di interculturalità?;

10) LE RELIGIONI: non le voglio abolire, ma vorrei che si riaffermasse con orgoglio il diritto alla laicità di uno stato e dei suoi cittadini. E poi bisogna seriamente prendere provvedimenti (soprattutto educativi) per smussare i fondamentalismi e i fanatismi. E ve ne sono in ogni religione, soprattutto in quelle più grandi;

11) IL PROGETTO ERASMUS: se mi arriva in Finlandia un altro deficiente di studente a fare turismo sessuale e narcotico e a non fare un cazzo all'Università pensando che tutto gli sia dovuto, con i soldi del progetto Erasmus (pochi, d'accordo, ma sempre erogati per studiare), è la volta buona che raccolgo le 500.000 firme. E pazienza se saranno quasi tutte firme di missini e forzisti;

12) NAPOLI: ci ho soggiornato una notte, una sola, il tempo di farmi raggirare da tutte, ripeto tutte, le persone che ho incontrato. Tassisti che per arrivare dall'aereoporto all'albergo per poco non passano dalla Basilicata; Albergatori che dicono di volersi scusare per il comportamento incivile dei tassisti, ti assicurano che "non tutti i napoletani sono così", promettono che ti faranno uno sconto sulla camera, e poi al momento del pagamento non si fanno trovare e chi li sostituisce giura e spergiura di non aver ricevuto nessuna istruzione a riguardo; Ristoratori che promettono che tutte le pietanze ti costeranno entro un tot e poi - al momento del conto - ti dicono che solo le cose che hai scelto tu fanno eccezione... Continuo a credere che non tutti i napoletani siano così, ma è come la storia dei 'pochi imbecilli isolati' allo stadio. Sempre pochi e sempre isolati, eppure sono sempre lì;

13) LE ESPRESSIONI "IN QUALCHE MODO", "ASSOLUTAMENTE", E "L'ULTIMO DEI..." (per le prime due, ringrazio Franco Fabbri per la segnalazione): d'ora in poi chi usa l'espressione "in qualche modo", deve specificare almeno una volta su tre in QUALE cacchio di modo. Poi, le cose non possono sempre essere 'assolutamente' in un modo: ogni tanto possono anche essere 'decisamente', 'senza dubbio', 'veramente', 'realmente', 'molto', 'tanto', 'copiosamente', e via discorrendo. Infine, quando muore qualcuno, si smetta di dire che era l'ultimo di qualcosa. L'ultimo dei comici, l'ultimo degli artisti, l'ultima delle dive... Basta, basta, basta!

Tra i buoni propositi per l'anno nuovo, vorrei usare meno parolacce.

Monday, December 26, 2005

TELADOIOLAFINLANDIA - Della coppa Finlandia

Nonostante vi risulterà difficile crederlo, i fatti descritti in questo TELADOIOLAFINLANDIA sono realmente accaduti...

***

“Coppa Finlandia?”
“Kyllä”
“Vuoi dire come la Coppa Italia, però in Finlandia?”
“Kyllä”
“E volete proprio che venga io?”
“Kyllä… ci sono state un po’ di defezioni, e abbiamo bisogno di altri giocatori”.

Ricapitoliamo.
Io e Nicola (Rainò, quello binario) abbiamo appena terminato la partitella di calcetto del Martedì, la squadra dove giocavo ha inesorabilmente perso, io mi sono mangiato un paio di goal che avrebbe segnato anche Esnaider, e tu, o fiero alleato scandinavo Risto Saarinen, mi chiedi se voglio giocare in Coppa Finlandia?
Miii… Kyllä se voglio. E quando mi ricapita!?
Il fiero alleato scandinavo Risto Saarinen è un eccellente e brevilineo trequartista, che dà-del-tu-al-pallone, e in-qualsiasi-momento-può-cambiare-il-corso-della-partita (qualcuno disse: se dovessero farmi un trapianto di cervello, vorrei quello di un giornalista sportivo, perché sarei sicuro che non è stato mai usato). Risto è indecorosamente più bravo di me, così come la maggior parte degli amici con cui gioco il martedì (tranne Nicola, forse, che essendo binario preferisce umiliarmi a ping pong). Ma sono tutti molto simpatici e corretti, e sarà un piacere giocare con loro in Coppa Finlandia.
Mancano quattro giorni all’evento, e così ho il tempo di caricarmi (Miii…). Sogno nell’ordine: 1) 1-0 per noi con gol spettacolare del sottoscritto (tipo serpentina in mezzo a sei avversari); 2) 1-0 per noi con gol normale del sottoscritto (tipo deviazione sottomisura, sempre come dicono quelli col cervello nuovo nuovo); 3) 1-0 per noi con assist decisivo del sottoscritto, o alternativamente senza assist ma con salvataggio sulla linea al novantesimo; 4) 0-0 con risoluzione ai rigori e penalty decisivo del sottoscritto, a cucchiaio (o alla Panenka, come sarebbe storicamente giusto dire, anche se questo significherebbe intaccare l’integrità neurologica di cui sopra); 5) 0-0 con risoluzione ai rigori e penalty decisivo tirato anche male, ma basta che entra.
Incubi ricorrenti: uno o più autogol; non mi passano mai la palla; mi passano la palla ma tutte le volte la sbuccio come una pesca.
Alle 12 e 45 di Sabato 4 Aprile arrivo sul campo di Tali (poté nome essere più anonimo?). Fa un freddo immondo, ma io sono carico (Miii…). Vado a cambiarmi. Abbigliamento di CaroDario: maglietta della salute verde militare con scollo a V e conseguente decolleté villoso, tuta nera del Tarioustalo simil-adidas con 2 strisce invece di 3, scarpette da calcetto (quelle da calcio non le ho), giaccone invernale elegante (potevo portare quello sportivo, ma mica me l’avevano detto che giocavamo all’aperto), guanti da neve, cappello verde militare (pendant) modello South Park. In tasca, fazzoletti, barretta Fazer per eventuali emergenze caloriche (in realtà consumata ben prima del fischio d’inizio), e telefonino acceso per scambiare SMS nella tensione dell’evento (Miii…) con RainoBinario e con la Dott.ssa Ravaioli, tifosissima di calcio, l’unica che può darmi soddisfazione in tale frangente (e fornire ulteriori Miii di incoraggiamento).
Il campo è lo stesso utilizzato nel Secondo Tragico Fantozzi: pozzanghere di imprecisata profondità, e promessa di visione mistica a metà ripresa.
Naturalmente parto dalla panchina. La formazione-tipo è già schierata. Il nome della squadra (i buoni, d’ora in poi) è Rumba Regulins, una vaga promessa di sudamericanità calcistica. Gli avversari (i cattivi, d’ora in poi) si chiamano Kiffen Old Boys, e sono una squadra di vecchie glorie del calcio finlandese, tutte over 35, e dunque apparentemente abbordabili (più in là mi sarei ricordato che Baggio ha 38 anni). Naturalmente i buoni sono in bianco, i cattivi in nero. Mi viene consegnato il numero di maglia più sfigato possibile, il 23 (caratteristica che il referto ufficiale enfatizzerà, attribuendomi erroneamente il 26): a parte Beckham, che comunque non mi è mai piaciuto, non credo esistano o siano mai esistiti fuoriclasse nella storia del calcio che abbiano mai indossato quel numero. Guardo la maglietta: è piena di sponsor, sembra una tuta di Formula 1. Tra le altre, scovo l’etichetta di una casa discografica indipendente finlandese, la Spinefarm, che produce ottima musica elettronica. Un minimo di appiglio affettivo in un contesto nel quale sono decisamente alieno.
Calcio di inizio.
Miii.
Cominciano i buoni.
Tre secondi dopo, la palla passa ai cattivi.
Osservo dalla (diciamo così) tribuna (capienza posti 15, numero di spettatori 6, di cui quattro giocatori, un allenatore e la figlia dell’allenatore, unica in abiti civili).
I buoni giocano discretamente compatti, ma gli attaccanti, tra cui il fiero alleato Risto Saarinen, non vedono palla. I cattivi attaccano con ordine, ma non sembrano per il momento pungere.
Al 12’ del primo tempo, il giudice di gara, mentre sua moglie sta chiaramente commettendo adulterio, assegna un inesistente rigore ai cattivi.
Sul dischetto Janne Lappalainen.
Breve rincorsa.
Tiro: portiere da una parte, pallone dall’altra.
Yksi-nolla.
Guarda il mare!!!
Fosse stata una partita con pochi gol, avrei volentieri segnalato anche altre azioni degne di nota. Ma non è andata così.
18’. Esa Pamppunen si invola ramingo ed esule verso la porta difesa (si fa per dire, e capirete presto perchè) da Esko Salminen. Vertice sinistro dell’area di rigore. Tiro. Salminen para ma non trattiene. La palla filtra e per Pamppunen è un gioco da ragazzi infilare a porta vuota.
Kaksi-nolla.
Se qualcuno non ha totalmente dimenticato i mondiali nippo-coreani, questo gol è una fotocopia del primo segnato da Vieri all’Ecuador. Ne consegue il sillogismo:
Il gol di Pampunnen ricorda uno di Vieri
Vieri nell’occasione giocava contro l’Ecuador
I Rumba Regulins sembrano l’Ecuador.
24'. Kari Kukko di piatto.
Kolme-nolla.
28’. SMS della Dott.ssa Ravaioli. Mi chiede quanto stiamo. Superato un breve attimo di sconforto le rispondo sinceramente.
35'. Hannu Hiltunen, che gioca nei buoni, decide che in un modo o nell’altro un gol lo vuole fare. Opta per la soluzione più agevole. La propria porta.
Neljä-nolla. La situazione è seria, ma non tragica.
42'. Innocuo colpo di testa di Henri Keinänen. L’impagabile Salminen va in presa sicura. La palla si trasforma in saponetta Camay. Sguish! E sono viisi.
La situazione è tragica, ma non seria.
43'. Aleksander Baranov si presenta solo davanti al portiere (di nuovo). Dribbling secco. Salminen, fedele al nome, rimane fermo e impassibile. Baranov deposita.
Kuusi-nolla.
Fine primo tempo.
Mi sembra di averne contati sei, ma potrebbero essere di più.
I buoni raggiungono la tribuna. Il fiero alleato Risto Saarinen non ha toccato palla. Nell’aria un senso di spleen baudelairiano: angoscia verso l’infinito. Subentra una più rassicurante atarassia epicurea. Tanto vale farsene una ragione.
Vorrei che non fosse così, ma è grazie all’atarassia che decidono di farmi entrare. Sul nolla-kuusi che danno posso fare?
E così è. Al 10’ circa della ripresa, vengo invitato a scaldarmi.
Miii al quadrato.
Entro al posto dello spento Ahonen, sulla fascia sinistra. Dovrei fare l’ala, come il mio idolo Bruno Conti, ma siccome i cattivi pressano ancora come degli ossessi, di fatto sono terzino.
Ma la squadra sta giocando con piglio diverso. C’è fiducia tra i giocatori: forse lo 0-6 può essere difeso fino alla fine. Verso il 70’ faccio l’unica cosa memorabile di una partita assolutamente anonima: vicino alla mia area mi libero per due volte di tacco dell’assatanata ala avversaria per poi liberare in scioltezza. Per il resto: 2 passaggi azzeccati su 5, un fallo laterale, un mancato aggancio a centrocampo, svariate rincorse vane dietro l’ala di cui sopra, e un sublime atto di vigliaccheria durante una punizione avversaria dal limite (sono in barriera, vedo la palla partire dal piede avversario e ingrandirsi velocemente: se non mi sposto mi arriva in pieno volto. Mi sposto. La palla filtra nel modo più pericoloso possibile, ovvero sbucando improvvisa dalla barriera. Ne è valsa la pena: Salminen si esibisce nell’unico intervento efficace della partita. Gli ho fatto fare un figurone: anche questo è gioco di squadra)
All’81', in mischia, Petri Itkonen porta a seitsemän le reti avversarie. Se lo potevano anche risparmiare. Anche il gesto di Totti alla Juve pare eccessivo, perchè servono due mani e la cosa è un po’ impacciata.
Non accade altro. Le buone notizie (a-ho giocato; b-non mi hanno spezzato le gambe) sono superiori alle cattive (sconfitta di proporzioni epiche).

Thursday, December 08, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (6)

C'era anche Idolo, il nano che aveva carisma

Sunday, December 04, 2005

Il ritardo antirazzista

Le partite cominceranno 5 minuti in ritardo, come forma di protesta contro il razzismo. Capisco di essere uno che non afferra subito le cose (mi ci vogliono almeno 5 minuti), ma questa che cavolo di protesta è? A che serve? Chi danneggia? Chi favorisce? Cosa comunica?
Voglio dire, immaginiamoci la scena. Il tifoso razzista (a proposito, smettiamola di dire che sono pochi imbecilli isolati... il razzismo in Italia è un problema reale, più subdolo e meno plateale di altri posti, ma comunque consistente e pienamente in salute) entra nello stadio. La partita comincia con 5 minuti di ritardo. Embè? Cosa succede in quei 5 minuti, secondo gli ideatori dell'iniziativa? Che il razzista riflette e dice a sè stesso e ai suoi tanti amici imbecilli e isolati: "Ragazzi, siamo stati veramente degli stupidi... pentiamoci!"?
E, attenzione, non sto criticando i gesti simbolici in generale. Non sto dicendo che il gesto simbolico dovrebb'essere rimpiazzato dai fatti (come quelli cui Zoro stava per passare domenica scorsa, rifiutandosi di giocare. Peccato che abbia cambiato idea), anche se ovviamente i fatti sarebbero d'uopo. Ma c'è gesto simbolico e gesto simbolico. Qualche striscione arguto e sarcastico, i giocatori che prima del calcio d'inizio alzano il pugno come Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi del 1968, i tifosi non imbecilli e non isolati che coprono di fischi quelli razzisti... tutti questi sono bei gesti simbolici, che hanno un bell'impatto, sia emotivo che culturale.
Ma i 5 minuti di ritardo a cosa caspita servono???

Sunday, November 20, 2005

Tuesday, November 01, 2005

maxwell's silver hammer

Ho trovato una bellissima animazione Flash per il celebre pezzo dei Beatles tratto da Abbey Road:
www.macca-central.com/macca-news/morenews.cfm?id=1948&LID=1954&IDold=0

"Maxwell's Silver Hammer" rientra in una mini-tradizione del repertorio McCartneyano che associa melodie orecchiabilissime e spensierate a testi inquietanti e politicamente scorretti. Maxwell è un serial killer che fa fuori varie persone (tra le quali la propria ragazza Joan) durante la canzone. Altri esempi sono "Ob-la-dì Ob-la-dà", nella quale Desmond, apparentemente sereno uomo di famiglia, si dedica in realtà a un travestitismo piuttosto perverso (si trucca come sua moglie Molly, e la sostituisce come cantante in un'orchestrina), e "Lovely Rita", che prima viene descritta come una vigilessa militaresca e mascolina, e poi per poco non organizza un'orgia con le proprie sorelle e con il personaggio narrante.

Sunday, October 30, 2005

il cucchiaio è ceco

Sulla Repubblica di oggi (www.repubblica.it/2005/j/sezioni/sport/calcio/librototti/librototti/librototti.html)
è riportata la notizia dell'imminente uscita di un manuale di calcio di Francesco Totti (che si avvarrà della collaborazione - leggi: correzione ortografica e traduzione in italiano - di un giornalista). La notizia in sé non è malvagia, anzi. Senz'altro Totti è uno che sa giocare molto bene a calcio.

Il problema è l'articolo citato, che per l'ennesima volta attribuisce l'invenzione del cosiddetto 'cucchiaio' al capitano della Roma, datandone il conio all'anno 2000, quando - durante la semifinale degli Europei di Calcio per Nazioni Italia-Olanda, terminata ai rigori a favore degli azzurri - effettivamente Totti si esibì in uno spettacolare rigore centrale, lento e a palombella, che lasciò esterrefatto il portiere Van Der Saar che naturalmente si era buttato su un lato prevedendo un tiro angolato e teso.

Da allora, per estensione, si parla di cucchiaio anche per pallonetti eseguiti con palla in movimento, e colpiti in quel particolare modo nel quale Totti è maestro (non si tratta di pallonetti qualunque: è necessaria una particolare impostazione del piede e del tiro, tutt'altro che scontata).
Per rincarare la dose, l'autore dell'articolo afferma "che solo un brasiliano (o Maradona)" avrebbe potuto cavare fuori dal cilindro un colpo simile.

Davvero?

L'inventore di questo tipo di rigore non è nè italiano, nè brasiliano e nè argentino. E non sono passati secoli da quando per la prima volta si è visto un tiro del genere. Solo 29 anni. Molti dei giornalisti sportivi che ancora scrivono, allora c'erano.

C'ero persino io, anche se avevo solo due anni, e l'unico cucchiaio che mi interessava era quello attraverso il quale avevo accesso alla 'pappa' (in dosi la cui copiosità sto scontando ancora oggi).

L'inventore del cucchiaio è Antonin Panenka, centrocampista della nazionale cecoslovacca, vincitrice dell'edizione del 1976 dello stesso torneo nel quale Totti ha esibito il mirabile colpo.

Se il Pupone viene osannato non solo per la classe, ma anche per il coraggio sfoderato in una semifinale dei campionati europei, bisognerebbe far notare che:

- Panenka tirò a cucchiaio in una finale;

- Totti tirava il terzo rigore dopo che gli olandesi ne avevano sbagliati due, e gli azzurri li avevano tutti messi a segno (l'unico errore italiano, di Paolo Maldini, che curiosamente tirò col piede sinistro, sarebbe avvenuto nel rigore successivo). Si trattava dunque di un contesto abbastanza 'protetto'. Panenka tirò nientemeno che il rigore decisivo, dopo l'errore avversario (si trattava della Germania Ovest, fresca campionessa del mondo). Fu il suo gol a sancire la vittoria ceca. Un eventuale errore lo avrebbe coperto di ridicolo per l'intera carriera.

- Si potrebbe anche aggiungere che Totti aveva contro Van Der Saar, mentre Panenka Sepp Meier. Non so se mi spiego.

Non è finita. I più appassionati ricorderanno anche che nei primi anni '90, Gianluca Vialli provò il colpo in almeno un paio di occasioni, e neanche lui era brasiliano o "Maradona" (per quanto coi piedi ci sapeva fare, eccome). Gli andò bene la prima volta, ma in una semifinale di Coppa Italia con il Torino rimediò la classica figuraccia da cucchiaio: Marchegiani (allora in forza ai granata) rimase fermo ed eretto, e Vialli non potè che osservare il suo tiro lento e liftato finire malinconicamente tra le braccia del portiere avversario.

Questo non vuole nulla togliere a Totti, il quale si è dimostrato grandissimo interprete di questa specialità (anche se la sua brava figuraccia l'ha fatta anche lui col Lecce, nel campionato 2004-2005). E' con i giornalisti che ce l'ho: come musicologo, non sta bene che dica che il primo esempio di distorsione in una chitarra elettrica appare nel 1964 con "I feel fine" dei Beatles (come molti credono), se Johnny Watson usava già i suoni saturati nella sua "Space Jam", datata 11 anni addietro.

In conclusione: chiamiamolo pure cucchiaio, ma non chiamiamolo "alla Totti", perchè in realtà è "alla Panenka".

PS: una curiosità. Panenka, quattro anni dopo la finale vinta con i tedeschi occidentali, si ritrovò a battere un altro calcio di rigore in una finale dei campionati europei, anche se solo per il terzo posto. Gli avversari erano gli azzurri di Bearzot. La partita terminò ancora una volta ai rigori, come si suol dire "ad oltranza" (cioè, dopo la prevista serie di 5 rigori per parte), e fu vinta 10-9 dai cechi, con un solo errore dal dischetto, di Fulvio Collovati. Panenka, che non tirò il rigore decisivo, in quanto era uno dei 5 rigoristi designati, tirò teso ed angolato. Zoff da una parte, pallone dall'altra. Zoff, come sempre fanno i portieri, si tuffò con leggero anticipo. Quindi, anche questa volta, il cucchiaio avrebbe funzionato. Ma, forse, Panenka non voleva banalizzare il fascino di quell'invenzione di quattro anni prima. Forse cercava l'unicità del gesto, oltre che la paternità. Gliele hanno tolte entrambe: l'unicità (ed è un bene) e, soprattutto, la paternità (e non è stato troppo carino).

Monday, October 24, 2005

belle le pellicce, vero?

http://www.strasbourgcurieux.com/fourrure/

PS: Ciao Giulia, grazie per avermi segnalato il link

Friday, September 30, 2005

sex and the fear

Spero che le lettrici di questo blog siano ancora troppo poche, e quelle poche non se la prendano più di tanto, perchè sto per parlare del loro telefilm preferito!

E' successo per la quarta volta su quattro istanze, per cui sono portato a credere che non sia un caso. In quattro circostanze ho espresso il mio parere (non così negativo, ma tutto sommato inferiore alla sufficienza) su Sex and the City, e tutte e quattro le volte mi sono sentito rispondere che dico così perchè in realtà le situazioni come quelle descritte nel telefilm mi "fanno paura, in quanto uomo".

Il fatto che noi uomini scopriamo che anche le donne parlano di sesso, e in quel modo, più personaggi come Samantha, dovrebbe metterci una paura folle, inferendo un ennesimo colpo alla nostra trincea in questa battaglia dei sessi, dove per altro - a mio parere - siamo già stati sconfitti da parecchio.

Allora, una volta per tutte:

- SEX AND THE CITY non mi fa paura, non mi inquieta, non mi scuote, non minaccia la mia identità di uomo, non mi fa sentire deprivato di un ruolo che credevo appartenesse al mio genere, eccetera eccetera.

- SAMANTHA mi sta simpatica. Non è la mia preferita (Miranda lo è), ma è decisamente meglio di quella suora nevrotica di Charlotte, e di quella fiera del cattivo gusto vestiario di Carrie (che sembra, a rotazione, a - un uovo di pasqua, b - un lampadario, c - un carciofo rovesciato).

- Che le donne parlassero di sesso tra di loro non mi sorprende affatto, anzi l'ho sempre saputo. Sono (alcune di) loro, semmai, che hanno sempre negato di farlo, e che anzi bollavano me ed altri come maniaci perversi che "non pensano ad altro". Se queste donne erano sincere, sono loro a doversi scandalizzare ed impaurire per Sex and the City. Non io.

Allo stesso tempo, Sex and the City - pur essendo meglio di tanti altri telefilm - non mi conquista più di tanto, perchè:

- I dialoghi tendono a rifarsi il verso troppo spesso, pur essendo nella maggior parte dei casi divertenti;

- Le attrici, soprattutto la protagonista, non sono esattamente delle Meryl Streep o delle Licia Maglietta. Per tacere degli attori... Ma soprattutto

- Detesto l'esagerato (tipicamente yankee) accento sulla NewYorkness delle protagoniste, e quella morale (di nuovo, tipicamente yankee) in cui alla fine "come NY e l'America non c'è niente". Senza contare le solite venature politico-repubblicane (in Stati Uniti, i democratici non sono altro che repubblicani che parlano anche di sesso e psicanalisi, e che ammettono che il Vietnam è stato un errore): e quindi, diamogli addosso al russo (che sembrava il compagno perfetto, ma poi naturalmente è un debordante egocentrico), facciamo vincere Mr.Big (che sembrava il più stronzo di tutti), facciamo preferire NY persino a Parigi (tra l'altro, in sospetta coincidenza col raffreddamento dei rapporti diplomatici tra Francia e USA), e via discorrendo.

Infine, per chi fosse interessato, ecco le mie fiction televisive preferite (in ordine sparso, eccetto il primo posto, che è proprio primo):
- Il Commissario Montalbano
- Oz
- Saranno Famosi (quello con Bruno Martelli e Doris Schwartz, non quella cosa schifosa della De Filippi. Sia chiaro)
- Moonlighting
- Casa Keaton
- La meglio gioventù (che era nato come fiction televisiva)
- Ally McBeal
- Giudice Amy
- Nip e Tuck
- Il tenente Colombo
- La Signora in Giallo
- I Professionals (che erano una specie di Starsky e Hutch inglesi)
- Sandokan
- Sherlock Holmes (la serie televisiva degli anni '50, con Roland Howard)

Monday, September 26, 2005

imprecazioni

Domenica scorsa, durante la rituale partitella di calcio tra amici, sono stato sonoramente rimproverato per aver imprecato.
La situazione calcistica, onestamente, giustificava pienamente il mio disappunto (anche se non la reazione verbale, mi rendo conto). Un compagno di squadra, di suo non troppo incline a liberarsi facilmente della palla, si mette a cincischiare con il pallone sulla linea laterale destra, attirandosi tre avversari addosso, e dunque creando ampissimi spazi per me e per un altro compagno, che attendiamo fiduciosi la palla davanti al portiere avversario, COMPLETAMENTE liberi. Si apre un varco per un passaggio, alziamo la mano, gesticoliamo enfaticamente, e gridiamo pure "dalla in mezzo!", e "siamo soli!".
Niente.
Il nostro ricomincia a litigare con la palla, procede a portarsela all'indietro, la perde, dà il via al contropiede avversario, e prendiamo gol.
Mi scappa.
L'imprecazione, intendo.
E' forte e chiara, e consiste in uno dei nomi con cui è noto il figlio terrestre del dio della principale religione monoteista occidentale. Il nome non viene accompagnato da nessuna qualifica dispregiativa, tipo "Porco" o "Boia", per cui non assume i connotati della bestemmia, però viene gridato con tanta enfasi, e calcando sui suoni duri (Ci ed Erre, Esse e Ti), da non lasciare dubbi che si tratti di un'imprecazione, e non della didascalia ad un'improvvisa apparizione celeste.
In più, si è chiaramente nominato il personaggio invano. E pare che sia altrettanto grave che uccidere e desiderare la donna ad altri.
Il compagno di squadra, fervido credente (e comunque persona gentilissima, calcisticamente corretta, e - nonostante questo episodio - per niente egoista o bigotta), si arrabbia, mi rimprovera seccamente e abbandona il campo.
Abbiamo il tempo di chiarirci negli spogliatoi, e di scusarci reciprocamente (io per avergli mancato di rispetto, e lui per la reazione un po' sproporzionata), per cui nessuno strascico rimane del nostro piccolo contrasto, tanto da consentirmi di scrivere questo post in assoluto relax, e senza il timore di (ri)offendere nessuno.
Ho raccontato l'episodio solo perchè lo sviluppo della discussione con il mio amico mi ha fatto riflettere su un paio di punti, in riferimento al valore semantico dell'imprecazione in sè.
Il motivo della reazione del compagno, come egli stesso mi ha precisato, riguardava il suo forte sospetto che, dicendo io "Cr***o!", mi stessi rivolgendo a lui. Come cristiano, giustamente, si è sentito offeso.
Così ci ho pensato: mi riferivo veramente a lui?
E ho maturato quanto segue:
1) No. Non mi riferivo a lui.
2) Se mi fossi riferito a lui, gli avrei affibbiato un epiteto quantomeno sarcastico, se non aggressivo, no? "Idiota!", "Egoista!", "Chi ti credi di essere? Il Maradona dei poveri?", o quant'altro. Naturalmente non ho pensato nessuna di queste cose (anche perché, se qualcuno mi facesse notare i miei errori calcistici, faremmo notte). Ma allora
3) Perchè considerare "Cr***o!" un'offesa? Ma soprattutto
4) Come fa proprio un credente a considerare "Cr***o!" un'offesa? Non dovrebbe, semmai, essere il complimento per antonomasia (non esente, per altro, dall'innescare un certo senso di onnipotenza)? Evidentemente il compagno di squadra ha pensato al comandamento, e - ripeto: giustamente - ha pensato che mancassi di rispetto a lui, come alla religione in genere, nel nominare il personaggio invano proprio in riferimento ad una situazione nella quale ero palesemente deluso del suo operato calcistico. Il che mi porta a meditare sul ruolo dell'imprecazione (questa in particolare, e tutte le altre in generale) nei pensieri dell'imprecante, e a concludere che
5) Qualunque forma lessicale prenda l'imprecazione, essa non è mai utilizzata con preciso riferimento al proprio significato letterale. In altre parole, mai, pronunciando la parola "Cr***o!" ho pensato a) al personaggio noto ai fedeli come Gesù, il Salvatore, il figlio di Dio, o altre denominazioni; b) al fatto che egli potesse essere in alcun modo responsabile dell'errore calcistico del mio amico; c) al fatto che esistesse una qualunque relazione tra quest'ultimo e il personaggio menzionato nell'imprecazione.

E questo vale per ogni imprecazione. Pensateci un attimo: quando dite "Porca vacca!" vi viene veramente in mente un esemplare femmina di bovino dedito al sesso facile ed occasionale? Dicendo "Vaff..." vi state realmente configurando una situazione nella quale il destinatario del vostro messaggio si dedichi a pratiche sessuali convenzionalmente contro natura? E se sì, siete sicuri che la cosa gli dispiaccia?
Dicendo "Boia di un mondo ladro" avete realmente tutto il tempo di a) antropomorfizzare il pianeta Terra; b) immaginarvelo nei panni di un Arsenio Lupin, o di un altro lestofante meno letterario e raffinato; e c) visualizzare questo essere mostruoso con un cappuccio rosso, un'accetta in mano, sopra una pedana generalmente in legno, pronto a giustiziare un povero innocente (probabilmente l'emittente dell'imprecazione)?

Secondo me, no.

Thursday, September 22, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (5)

C'era anche Vicolo, il nano che oltre a essere corto poteva anche essere stretto

Thursday, September 08, 2005

la pausa

Ciao!

Volevo solo scusarmi per aver rallentato nella pubblicazione dei post. E' stato un Agosto molto intenso nel quale sono successe parecchie cose. Comunque, come diceva Baglioni in quella canzone in cui si identifica in uno dei nipoti di Paperino, "sono vivo e sono Qui".

;Dario

Monday, August 15, 2005

dentino del giudizio

Oggi mi sono svegliato con una convinzione che mi dà l'aria di essere piuttosto saggia. Se lo è, è probabile che ci abbia già pensato qualcun altro a formularla come massima. La convinzione è la seguente:
"La maturità e la forza di un'amicizia (o di un rapporto in generale) sono inversamente proporzionali alla quantità di premesse necessarie agli interessati per comunicare sinceramente".
Bella, eh?

Saturday, July 30, 2005

Come demolire lo zoosemioticista

Le discipline zoosemiotiche, e quelle zoomusicologiche in particolare, costituiscono da qualche tempo una preoccupante minaccia per il mondo accademico, a partire dall’Università di Helsinki, che da qualche tempo di questa minaccia è uno degli epicentri. Elaborare una strategia di difesa, o meglio ancora di sabotaggio, è dunque non solo una necessità, ma proprio un dovere morale e politico per l’intera comunità scientifica.

Qui di seguito sono riportate alcune utili – e sperimentate con successo – indicazioni per smantellare ogni pretesa di serietà del discorso zoosemiotico. Valga per ognuna delle strategie suggerite, le parole-chiave che ne descrivono lo spirito sono generalizzazione, sincretismo, semplificazione, banalizzazione.

1 – Estendere il più possibile l’area dei possibili interessi dello zoosemioticista. Studiare un determinato comportamento di una determinata specie animale in un determinato contesto può e deve significare nella mente del sabotatore un onnicomprensivo interesse verso tutto il Regno Animale, incluse le sue sfumature più tangenti ed indirette. Qualunque Dr. Mario Rossi, studioso dei meccanismi di comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, va messo al corrente sistematicamente a) dello stato di salute e dell’attività ludica del gatto del sabotatore; b) della recente uscita nelle sale cinematografiche di un enne Free Willy; c) della clamorosa scoperta che due mucche di una fattoria della Florida hanno prodotto il triplo del latte grazie all’ascolto dell’intera discografia di Bruce Springsteen; e d) del fatto che una pagina dell’ultimo libro letto dal sabotatore contenga un riferimento all’attività venatoria di Federico II.

2 – Considerare l’eventuale e probabilissimo amore dello zoosemioticista verso gli animali come una precisa colpa scientifica. Va benissimo se uno studioso di Shakespeare ami Shakespeare, ma se lo zoosemioticista ama gli animali vuol dire almeno che è vegan, partecipa alle azioni dell’Animal Liberation Front e getta uova marce alle donne impellicciate all’uscita dall’opera. Di conseguenza

3 – Distribuire, a intervalli regolari, qualunque possibile luogo comune sugli animali e sulla relazione tra questi e gli esseri umani. Alcuni suggerimenti: a) meglio cento cavie che un bambino; b) gli uomini sono andati sulla luna, mica le zanzare; c) la caccia contribuisce all’equilibrio della fauna; e d) la dieta vegetariana è povera di proteine e ferro.

4 – Fare ampio uso del cosiddetto fattore PP, ovvero petitio principii. Ad esempio, nell’analisi delle differenze tra esseri umani ed altri animali, mostrare inesorabile chiarezza su tutti quegli argomenti che invece, nel discorso unicamente antropologico, chiari non lo sono affatto, come il concetto di linguaggio, intelligenza, estetica, autocoscienza etc. In altre parole, va benissimo se esiste totale discordanza sulla definizione di musica, l’importante è stabilire – dinnanzi a uno zoomusicologo – l’indisputabile assioma che essa sia un fenomeno esclusivamente umano. L’utilizzo del fattore PP rende inutile spiegarne il perché, impresa che di fatto sarebbe tutt’altro che agevole.

5 – Usare senza distinzione tutti gli intergroup biases offerti dalla psicologia sociale. A monte, la percezione del Regno Animale va articolata secondo una classica dinamica ingroup-outgroup: esseri umani da un lato, e tutti gli altri animali dall’altro. In particolare, si suggerisce il ricorso al cosiddetto outgroup homogeneity effect, che più di altri consente al sabotatore di fare di tutta l’erba un fascio. Per esempio, un comportamento rilevato in un ippopotamo si può considerare a priori rilevabile anche in uno squalo. Visto uno, visti tutti.

6 – Ricordarsi che quello degli animali è un soggetto naif. Del resto la maggior parte dei programmi televisivi o cinematografici sugli animali hanno un target infantile. Tale risorsa può essere capitalizzata in tre modi. Supponendo che il Dr. Mario Rossi, presentandosi, informi il sabotatore della sua ricerca sulla comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, il sabotatore potrà reagire: a) con un leggero comprensivo sorriso che sottintenda un commento del tipo: “che cosa simpatica”; b) con finta invidia, sul genere: “beato te che puoi occuparti di queste cose! Io invece mi occupo di elettrotermografia”. Ovvero, “beato te che ti puoi divertire con queste cosucce: io devo contribuire al progresso”; c) con una ribattuta del tipo: “ma pensa che combinazione… proprio ieri stavo raccontando la favola di Cappuccetto Rosso a mia nipote”.

7 – Qui ci vuole molta compattezza tra i sabotatori. Tutti, ma proprio tutti, all’atto di apprendere l’attività del Dr. Rossi, dovrebbero fargli attraversare tre fasi: ripetizione, spiegazione, meraviglia. Esemplificando:
SABOTATORE: Di cosa ti occupi?
ROSSI: Zoosemiotica
S: Zoocosa?
R: Z-o-o-s-e-m-i-o-t-i-c-a
S: Zoosemiotica… e che cos’è?
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo!
Alla lunga, l’esposizione a una tale continua ridondanza dovrebbe sfiancare il Dr. Rossi. Qualora ciò non dovesse accadere

8 – È bene gestire anche la fase successiva alle succitate ripetizione-spiegazione-meraviglia, la fase FAQ, ovvero Forever Asked Questions. Le FAQ possiedono tre caratteristiche: sono poste di continuo (anche più volte dallo stesso sabotatore, in tempi neanche troppo distanti); riassumono concetti estremamente complessi ed articolati (sul genere “che cos’è l’amore” o “credi in Dio”); e pretendono risposte semplici, concise e convincenti. Riprendiamo il dialogo tra S e R:
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma davvero gli animali comunicano?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! E così gli animali comunicano… ma che si dicono?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma come fai a entrare nella loro mente per capire se veramente comunicano?
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma… comunicano-comunicano o… [ruotando le mani come per esprimere approssimazione] ‘comunicano’?

9 – In supporto alle FAQ, ed in particolare alla terza delle loro caratteristiche, il sabotatore può mostrare segni di insofferenza verso la spiegazione – necessariamente elaborata – fornita dal Dr. Rossi. “Sì, però stringi…”, “Sì, però in parole povere questo che vuol dire?”, “Sì, però insomma: comunicano o no?”, “Sì, però adesso non metterti a fare la conferenza”, e via di seguito.

10 – Presentare il Dr. Rossi ad altri amici come “cacciatore di lupi”, o “vecchio sciacallo”, o “lupo mannaro”. Far seguire una grassa risata.

Thursday, July 28, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (3)

C'era anche Mancopo Cassio, il re che non ne voleva sapere

Wednesday, July 27, 2005

inaugurazione della sezione SITUAZIONI UMILIANTI SENZA USCITA (SUSU)

Avete presente quella legge di Murphy che fa: "Non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi nemmeno ritirarti"? Ecco, questa è una SUSU: è quel genere di situazione dove qualunque cosa si faccia per cercare di uscirne si sbaglia. E non solo si sbaglia, si viene anche mazziati. Col tempo, ho collezionato un numero sufficientemente alto di SUSU per poterne stilare un piccolo database. Ve ne proporrò alcuni esemplari.

Cominciamo con una SUSU accaduta a Tartu, Estonia, poche settimane fa. Ristorante cinese. Comitiva di 10 persone esatte, incluso il sottoscritto. Unico vegetariano in un Paese, l'Estonia, che è tanto bello quanto carnivoro (corre voce che tutte le volte che lo visito, la percentuale di vegetariani nell'intero Stato entri nel novero dei numeri reali). La comitiva siede nel famigerato tavolo rotondo con il supporto girevole che serve a far circolare i piatti (attrezzo che già mi infastidisce di per sè, visto che detesto condividere il cibo: ordino quello che voglio e voglio quello che ordino!). Si decide di ordinare una serie di piatti da condividere, e naturalmente è un tripudio di polli alle mandorle, gamberoni fritti, anatre alla pechinese e maiali in agrodolce. Naturalmente ne deduco che non dovrò partecipare al banchetto, e che dovrò ordinare qualcosa solo per me, per un elementare senso di giustizia etica e algebrica: se ordino un piatto vegetariano, e questo risulta essere l'unico che posso mangiare in un campionario di 10 portate, alla fine mi spettera un decimo di porzione, e quindi un centesimo della cena, mentre i necrofagi (che non devono necessariamente rinunciare al vegetale) potranno assumere i ben più normali 10 centesimi del pasto.

Presa la decisione di ordinare una pietanza autonomamente, scatta una prima fase di pre-SUSU:
che faccio, dico ad alta voce che prendo un piatto solo per me?
Non lo dico, perchè sennò faccio la figura dell'ingordo che non vuole rischiare di rimetterci un singolo chicco di riso del proprio piatto. E poi il rischio di risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica "non ti preoccupare, il tuo piatto non te lo tocca nessuno" è alto.

Ordini effettuati. Dopo pochi minuti (efficienza estone) i piatti sono già serviti. Prendo il mio tofu funghi e bambù da parte, e lascio i cadaveri ai carnivori. Arriva già la prima occhiata storta, del genere "guarda quell'imbroglione che si prende il piatto tutto per sè, così - tra quello intero e gli assaggini dagli altri - mangerà più di tutti noi altri". Naturalmente il fatto che sia erbivoro, situazione di cui tutti i miei commensali sono a conoscenza, non sfiora la fautrice di quell'occhiata.

Seconda fase di pre-SUSU:
che faccio, lo ricordo ora che sono veggie e che ho ordinato un piatto a parte, visto che a nessuno è passato per la mente che sarebbe stato carino ordinare almeno un paio di piatti senza carne per farmi simbolicamente partecipare al banchetto, o - alternativamente - invitarmi in pubblico a prendere qualcosa per conto mio, visto che non avrò l'onore di partecipare alla necrofagia?
Non parlo neanche adesso, perchè di fatto nessuno mi ha detto niente, e dunque il rischio di una seconda risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica(-e-anche-un-po'-stizzita) "Fa' pure. Guarda che nessuno si sta lamentando" è sempre elevato.

Ovviamente però non sono tranquillo: le occhiate oblique aumentano e io faccio sempre più la figura dell'ingordo egoista (cosa che in generale può essere vera, ma senz'altro non in questo caso). Mangio poco e con molta ansia. Sarebbe meglio legittimare la mia condizione in modo più ufficiale, così posso mangiare in pace (tra l'altro il tofu estone è buono). Opto per il gesto plateale. Offro - a voce abbastanza alta, in modo da poter essere sentito da più persone - un po' del mio tofu al vicino di posto, sicuro che, al massimo, egli ne prenderà un assaggino giusto per curiosità ma poi dirà realmente-comprensivo: "Non preoccuparti, mangia pure... sennò per te non c'è niente".
Illuso! Il vicino ringrazia distrattamente (come chi non riceve un favore, ma semplicemente qualcosa che gli spetta di diritto), si impossessa del piatto, ci affonda generosamente il cucchiaio, e - a scempio compiuto - lo ripone meccanicamente sul supporto girevole, come ha già fatto sei o sette volte durante la serata.

La SUSU vera e propria è cominciata. A questo punto non si può fare più niente: qualunque azione io possa intraprendere mi fa fare una figura di merda. O ingordo, o egoista, o polemico, o maleducato. Oppure, in mancanza di reazione, danneggiato economicamente e/o moralmente.
Mi alzo, allungo il braccio e mi reimpossesso del piatto? Ingordo.
Faccio girare velocemente il supporto e mi riapproprio del mio piatto prima che qualcun altro lo allegerisca ulteriormente? Maleducato.
Faccio notare che quel piatto è mio? Egoista.
Sollevo il problema del mio vegetarismo all'interno dell'economia di quella cena? Polemico.
Mi rassegno a mangiare quello che rimane (se rimane) del mio tofu, dopo un giro completo del supporto e altri 8 commensali che non hanno ancora assaggiato la pietanza? Danneggiato.
Ordino un altro piatto? Ingordo.
Mi alzo e me ne vado? Maleducato.
E così via, in loop.

Ora. Da un punto di vista logico, la SUSU è un sistema perfetto: ogni azione intrapresa porta ad un risultato coerente con le altre, almeno pragmaticamente (ma, di fatto, anche semanticamente). Se indichiamo con X quel risultato etico-economico nel quale il soggetto A viene penalizzato, si dimostra facilmente che qualunque azione A1, A2, A3, etc. porta a X.

Quindi, la SUSU è il Logos, la Res Extensa, la Ragion Pura.

Tuesday, July 26, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (2)

C'era anche Fabio Fazio, il re che oltre a essere condottiero era anche conduttore

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (4)

C'era anche Piccolo, il nano verticalmente svantaggiato

Saturday, July 16, 2005

mi sforzo

...eppure una donna più cretina della Fallaci non mi viene in mente. Più stupide sì, più ignoranti pure. Ma più cretine, proprio no.
Mah!

Wednesday, July 13, 2005

Compagno Bobtail Camerata Rottweiler

Scritto nel lontano 1998, questo brano non è altro che la specializzazione ecologico-animalista, del pezzo di Giorgio Gaber "Destra & Sinistra", che è anche un gioco che adoro e che mi diverto ad applicare a vari contesti, con somma insofferenza di chi mi è vicino in quel momento. Si prende un qualunque argomento (oggetto, situazione, personaggio...) e gli si conferisce, giustificandolo adeguatamente e con logica, una connotazione politica, secondo un'ottica bipolarista. C'è anche una variante proporzionale, ma la lasciamo perdere per oggi.
I parametri di giudizio sono molteplici e liberi: si può tener presente la forma, la storia, l'utenza culturale dell'oggetto in questione e quant'altro si reputi opportuno. E così, partendo dallo storico dualismo prosciutto crudo-mortadella, il gioco si dipana fino a vette sublimi quali il golf (di destra perché sport individuale ed elitario, in opposizione al calcio, o meglio ancora alla Benniana Pallastrada) e la posizione a smorzacandela (di sinistra in quanto forma di emancipazione femminile, in opposizione alla pecorina).
Durante quella remota sera del 1998, pensai di circoscrivere queste riflessioni al ramo etico-sociale che più mi sta a cuore. Del tutto si potrà fare una sana risata, o, volendo, una semiseria analisi sociologica.

Fatto sta che in un periodo di compromessi e di melmismo ideologico-politico, ristabilire un pò di distanze mi sembra un'operazione piuttosto salubre.

Dunque. Cominciamo dalle cose facili. Caccia a destra e pesca a sinistra, indubbiamente. La tradizione, le prese di posizione dei partiti, la stessa 'morfologia' dei due (pfui!) sport, non può che imporre questa scelta. Del resto il fucile è parte integrante dell'oggettistica di destra, così come, a sinistra, la -ehm!- canna. Naturalmente, si distinguono anche delle correnti interne, visto che la caccia nei boschi è certamente meno a destra di un safari, e che la pesca da canna è più a sinistra di quella subacquea.
Delle altre crudeli forme e manifestazioni di maltrattamento ai danni degli animali, va notato che la lussuosa e anacronistica pelliccia fa sicuramente parte del repertorio destrorso, mentre i mancini optano con (forse) altrettanta insensibilità verso gli abiti in pelle, più economici e tamarri (per inciso, esiste il tamarro di destra e il tamarro di sinistra. Quello a cui mi riferisco adesso è il genere Ligabue-Springsteen). All'interno della categoria, non esiterò a collocare a destra gli accessori in coccodrillo, e a sinistra quelli in cuoio.

Cambiando argomento, la gente di destra sembra molto più incline al vegetarismo per ragioni salutiste e dietetiche, mentre nei vegetariani di sinistra, di minor numero, prevale la scelta etica. Va detto che la rinuncia alla carne è vissuta dal compagno come triste memoria delle carestie belliche, mentre la camerata vive questa scelta come uno status symbol, come di chi può 'permettersi' di farne a meno. Delle carni, collocherei la coscia di pollo a sinistra e l'anatra all'arancia a destra, mentre, per il pesce, che costituzionalmente è più a destra della carne nonostante l'apparente paradosso, ritengo più 'rosso' il merluzzo e più 'nero' il filetto di platessa.

Gli antivivisezionisti di sinistra ce l'hanno molto di più coi cosmetici che non con i farmaci, e naturalmente, a destra, la prospettiva si inverte. Negli orrori di stampo folklorico, invece, la corrida e il palio di Siena vanno a destra, contrapposti al circo e al combattimento tra galli, che sono forme di svago più proletarie e/o malfamate. Gli zoo, ahimè, sono trasversali.

Prevale, tra le camerate, più che l'animalismo, che si colloca à gauche, la zoofilia, scandita da tristemente noti ideali razzisti. Infatti, il cane di razza è per definizione nero, beatificato dal padrone che lo considera superiore, mentre il bastardino, meglio se trovatello, è inequivocabilmente rosso. Segnalo ancora qualche corrente interna. Rottweiler e Doberman, non foss'altro per i nomi, tendono molto più a destra di un dalmata (grazie al J'accuse anti-pellicce della Carica dei 101) o di un bobtail (che è capellone, e dunque sessantottino). Rin Tin Tin è comunque il tipico yankee imperialista di destra.

I gatti partono già più a sinistra, in quanto meno asserviti al dispotismo umano (tra l'altro, hanno i baffi!). In particolare i randagi, che, organizzati in autentiche comuni, vivono dei rifiuti della società capitalistica e non possono che strizzare l'occhio a Marx, rispetto a spaparanzati e ultra-coccolati persiani, il cui modello sembra essere Re Sole.
Degli altri animali domestici, mi sembrano più di sinistra i pappagalli, dotati di maggiore dialettica e di una ridondanza oratoria sottilmente ironica verso il sistema, che non i canarini, il cui canto, nell'incivile condizione cui l'essere umano li relega, appare più simile a un Me ne frego, che non a una ballata di Joan Baez. A destra è anche l'acquario, all'opposto dell'ampolla col pesciolino, soprattutto se rosso!

Capitolo volontariato. A monte, le fondazioni e i circoli vanno a destra e le associazioni e le leghe a sinistra. Ne consegue che il WWF e l'ENPA sono nere (anche perchè le politiche protezioniste e conservazioniste sono tipiche di quest'area politica), mentre la LAV e la Legambiente sono rosse. Discorso a sé va fatto per l'Animal Liberation Front, che appartiene ad una frangia sicuramente extra-parlamentare, ma bisogna vedere da che parte. Se infatti, da un lato, le sue incursioni terroristiche, senz'altro condannabili, si rifanno chiaramente alle tecniche di strategia della tensione di estrema destra; dall'altro, l'intento è palesemente rivoluzionario, per cui se si accetta l'idea che l'attuale stato di cose, in materia di diritti animali, è paragonabile ad un regime totalitario fascista, ben vengano i partigiani dell'ALF a liberare gli oppressi.

In ultimo, uno sguardo agli animalisti celebri. La sinistra può vantare una schiera molto nutrita, da George B.Shaw, notoriamente comunista dichiarato, a Albert Einstein. Da Gabriele Salvatores a Fabio Fazio e Peter Gabriel (la sinistra dei Genesis). Camerate animaliste sono invece Brigitte Bardot (dichiarata simpatizzante di LePen), Franco Zeffirelli (deputato di Forza Italia), Adriano Celentano (leghista), Phil Collins (la destra dei Genesis), e, più indietro nel tempo, Federico II (che, sì, cacciava, ma che è stato il primo a imporre dei divieti di caccia nelle zone a rischio, salvando di fatto molti esemplari dall'estinzione) e Adolf Hitler (sincero amante degli animali, e - anche se duole ammetterlo - fautore, durante il nazismo, di una civilissima legislazione in materia di diritti animali). Abbastanza neutrali andrebbero considerati i Beatles (sicuramente McCartney e Harrison, Ringo come al solito si accoda, mentre su Lennon ci sono notizie contrastanti, ma a sentire "The continuing story of Bungalow Bill" bisogna accreditargli come minimo un disprezzo verso la caccia), mentre decisamente super partes è il vegetariano dei vegetariani, Leonardo da Vinci.

E questo è quanto. Giova, a mo' di conclusione, sottolineare che sia l'interesse che il disinteresse verso queste tematiche mostra in generale un carattere molto al di sopra delle parti, e in un certo senso, al di sotto. Infatti, la consapevolezza ecologica ed interspecifica sono potenzialmente alla portata di tutti e al di là dei pregiudizi ideologici, ma, allo stesso tempo, appare evidente che questa consapevolezza non è stata acquisita ne' da una fazione ne' dall'altra (soprattutto dell'altra mi girano un po' le scatole: tanto parlare di anti-razzismo e anti-fascismo, ed eccoli cadere in un blando e interminabile campionario di specismo). C'è ancora da aspettare, anche se ragioni per essere ottimisti ce ne sono.

Monday, July 11, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette

C'era anche SERVO STERZO, il re che facilitò la svolta

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (3)

C'era anche LUPPOLO, il nano che andava all'Oktober Fest

Friday, July 08, 2005

Liguori scende in campo lungo

Non riusciro mai a venire a capo di un personale dubbio: è più pericoloso Emilio Fede o Paolo Liguori? Vado a periodi: la sfacciataggine senza alcuna inibizione di Fede sarebbe assolutamente innocua, se non ci fosse gente che scambia il suo irresistibile spettacolo di cabaret per un telegiornale. Quindi, chi se la beve, se la beve grossa. La parvenza lievemente più sveglia di Liguori (che è tutto dire) alle volte mi preoccupa di più, perchè - anche se la forma è un tantino più cauta (che è nuovamente tutto dire) - i contenuti (altrettanto deliranti) si insinuano più infidi e insospettati. E' un bel problema...
Però oggi mi occupo di Liguori. Nell'editoriale di TgCom sui fatti di Londra (http://www.tgcom.it/mondo/articoli/articolo265538.shtml), intitolato "Una grande lezione di inglese", il nostro (il nostro? Il loro!!!) ha giustamente messo in evidenza la dignità mass-mediatica degli inglesi, che in effetti, nel coprire l'evento, hanno cercato di limitare al minimo inutili vittimismi e Tv del dolore. Scrive il loro:

"Ore di diretta televisiva non ci hanno mostrato una sola immagine di dolore esasperato, di terrore. Le telecamere hanno lavorato costantemente con i campi larghi e lunghi. Non abbiamo visto neppure un primo piano di feriti, morti, persone disperate. E questo è avvenuto all’unisono da parte di tutti i mezzi d’informazione, proprio nel posto in cui è nato storicamente il libero mercato e la concorrenza. Nessun mezzo d’informazione ha violato la consegna morale, né per un’immagine in più, né per la conquista di un ipotetico spettatore".

E in effetti c'è da essere d'accordo. Bravo Liguori? Macchè... vado a vedere la galleria fotografica (http://www.tgcom.it/fotogallery/fotogallery1444.shtml) che TgCom ha dedicato all'attentato e...








Più tante altre che potete verificare di persona.

Una grande lezione di inglese.

Siamo tutti d'accordo.

Peccato che a quella lezione Liguori abbia bigiato.

giusto per rinforzare il concetto...

Beppe Grillo (www.beppegrillo.it):
"E poi l’integrazione, chi viene in Europa dovrebbe rispettarne le leggi o andarsene. Voglio un’Europa sorridente, multietnica, unita dagli stessi valori, in cui lo Stato viene sempre prima delle dottrine religiose e dei fanatici".

Il genio di Eugenio

In mezzo a tanta retorica sugli attentati terroristici di Londra, Eugenio Scalfari si è distinto per una riflessione coraggiosa, intelligente, e - dal mio punto di vista - giustissima. Di quelle che "era ora!":
Dalla Repubblica (http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/esteri/londrametro2/scalfebaric/scalfebaric.html): "bisogna interrogarsi sul perché le grandi religioni monoteiste siano occasione di guerra. È un tema estremamente delicato, ma le religioni che mettono l'accento su verità assolute, perché rivelate, contengono in sé un principio di intransigenza. Si sentono depositarie di una verità assoluta da insegnare agli altri per la salvezza dell'anima".

Thursday, July 07, 2005

dilemma

Ma io, in quanto vegetariano, se gioco a scacchi lo posso mangiare il cavallo?

Monday, July 04, 2005

TELADOIOLAFINLANDIA - Della canzone italiana

Se vi capita di entrare in un negozio di dischi non Italiano, cercate la sezione dedicata all'Italia: avrete una definizione molto chiara del concetto di 'stereotipo'. Questo pezzo l'ho scritto dopo essere stato nel Megastore di Stockmann, a Helsinki...

***

Te la do io la canzone italiana! Ma chi l’ha detto che i finlandesi ascoltano solo Ramazzotti, Bocelli e la Pausini? Certo, siamo tutti d’accordo che la maggior parte delle volte che la radio di un bar o di un autobus cosparge musica italiana sulle nostre orecchie, sono questi tre a farla da padrona, soprattutto in occasione di una nuova uscita discografica. Ma, parola di musicologo, c’è vita dopo La Solitudine e Più Bella Cosa, tra gli scaffali dei negozi di dischi di Helsinki. E non sto parlando degli sporadici Paolo Conte e Jovanotti che trovate in un Sokos qualsiasi.

No.

Qui c’è di più.

Qui ci sono le compilation. Le compilation di musica italiana.
Badate bene, non è facile fare una compilation di musica italiana all’estero. Intanto perché, terzetto sopraccitato a parte, ascoltare musica italiana in uno stato non italiano non è esperienza di ogni giorno. Poi perché, inevitabilmente, le esigenze di marketing sono diverse. In Italia si può far leva sulla fama degli artisti inclusi nella compilation. In Finlandia, se non ti puoi permettere un Eros d’annata come brano d’apertura, non hai un ‘traino’ adeguato, e dunque ti tocca puntare su altri fattori, a cominciare dall’esotismo. Che è esattamente quello che si farebbe in Italia se si volesse propugnare agli acquirenti una compilation di musica irlandese senza il traino di un pezzo degli U2 o dei Cranberries. Un po’ di verde in copertina, la foto di un Irish Pub, caratteri celtici e - voilà - il ‘colore’ irlandese è servito.
Nessuna meraviglia, dunque, se anche nei nostri confronti si procede per stereotipi. Il sole, il mare, la pizza, parole-chiave come “Amore”, “Nostalgia” e “Cantare” combinate a random (tipo “Nostalgia Italiana”, “CantAmore”, e “Canta Italia”), e chiunque si trovasse a stringere tra le mani un CD di questa serie non potrà non avventurarsi col pensiero nei meandri di una gita al Colosseo o di una sacrosanta abbuffata “da Ettore”.
Capite bene che, con cotanta attenzione pubblicitaria nei confronti della confezione, il contenuto, cioè la musica, diventa un particolare seriamente marginale.

Ed è qui, esattamente qui, che vi sbagliate. Col supporto della mia finora indiscussa (soprattutto perché ignota) competenza musicologica, intendo iniziarvi alle meraviglie delle compilation di musica italiana in vendita ad Helsinki. Tacerò, non tanto per non fare pubblicità ma proprio per decenza, i nomi dei negozi che ho frequentato, ma - per aiutarvi - vi dirò che ho rovistato solo tra gli scaffali di quegli esercizi che riportavano una sezione esplicitamente etichettata “Italy”.

Cominciamo in sordina. La già citata compilation “Nostalgia Italiana” non sembra infatti essere il massimo dell’attrazione. Il problema è l’offerta musicale, che non è di altissimo livello. Tanti, troppi sono i cantanti sconosciuti o semi-sconosiuti che popolano la raccolta: tali Lucio Battisti (mai sentito), Patty Pravo (probabile errore di stampa: si scriverà Patty Bravo), Bobby Solo (italo-americano?)…
Poche le star: Tony del Monaco, con l’indimenticabile Una spina e una rosa, i Protagonisti, con la sempre attuale Noi ci amiamo, e Antoine, con Cos’hai messo nel caffè, manifesto di un’intera generazione.

“Italo Pop” è sulla stessa lunghezza d’onda. I classici sono La vita è bella degli immortali Filadelfia (da questa canzone l’omonimo film di Benigni) e Il sole d’Italia dei grandissimi Fratelli d’Italia (guidati dall’indiscusso leader Goffredo Mameli). Ah, quanti ricordi… Il resto sono giovani promesse che portano il nome di Mengoli Paolo, Reitano Mino e Dallara Antonio, detto Tony. Poca roba, se paragonata con ciò di cui sto per dirvi.

Rullo di lupare: signore e signori, ecco a voi “Il canto di malavita - la musica della mafia, vol.I”. So che non ci crederete mai, ma questa compilation esiste davvero, ed evidentemente c’è anche un volume secondo. Canzoni e cantanti sono impagabili. El Domingo gioca la carta della tassonomia, e ci propone ‘Ndrangheta, Camorra e Mafia, che , come pugliese, mi lascia un po’ interdetto per via dell’ingiustificata assenza della Sacra Corona Unita. Semplice dimenticanza, o regolamento di conti? Caserta Plutino mischia un po’ le carte e getta ombre su un personaggio amatissimo dal pubblico: U ballu da famigghia Muntalbanu ci ricorda infatti che non possiamo proprio fidarci di nessuno. F.Cimbalo (scritto proprio così, con l’Effe puntato… meglio non farsi riconoscere del tutto) ci riporta agli scottanti temi della faida e della vendetta con Sungu chiama sungu, brano di rara intensità. Di nuovo El Domingo ci riporta ai fondamentali doveri di cittadini con l’evergreen Omertà, e sulla stessa lunghezza d’onda Natino ci propone la struggente Mafia leggi d’onuri. Effe puntato Cimbalo fa gridare al capolavoro con la drammatica Chi sgarra paga, mentre Diego Barbaro ci mette di fronte alla difficoltà della vita e delle sue scelte con la sofferta Addiu ‘ndrangheta. Ma il picco sono le due canzoni finali, rispettivamente di Fred Scotti e del vivacissimo El Domingo, che ci ricordano come non tutto nella vita vada per il verso giusto, e un uomo, un vero uomo, deve accettare con la stessa dignità i favori e le avversità: sono Canto di carceratu e Ergastulanu. Un epilogo in crescendo.

Sconvolto da tanta bellezza, mi sono lanciato alla ricerca del secondo volume. Siete liberi di non crederci, ma l’ho trovato: ho trovato anche il secondo. “Omertà, onuri e sangu - la musica della mafia, vol.II”. La particolarità più stuzzicante di questa compilation sono gli autori, questa volta citati solo per nome di battesimo: Mimmo, Pasquale, Nino, Tony, Nicola… la gente è maliziosa, qualcuno potrebbe indagare. Meglio restare sul vago. Il più prudente di tutti si fa chiamare Unknown. Musicalmente, questo secondo episodio è all’altezza del primo: Nun c’è pirdunu di Diego è un pezzo che non si dimentica. Ma è la canzone finale che fa riflettere, perché si sono dette tante cattiverie sulla mafia, ma nessuno si è sforzato di capire che, come tutti noi, anche ‘loro’ hanno un cuore. È Mimmo a ricordarcelo: il pezzo - indimenticabile - si chiama Vulimu Paci. Da più parti, è indicata come la nuova Imagine.

Rimane il tempo per un’ultima compilation: “Italo Pop Duets”. È, per l’appunto, una raccolta dei duetti più celebri e celebrati della musica italiana. State pensando ai Tozzi e Raf? O a Dalla e Morandi? O a Oxa e Leali?

Illusi!

Qua facciamo sul serio, altro che Gente di Mare… Qui abbiamo:

1) Gianni Dei & Sandra Milò. Scritto proprio così: Milò, con l’accento. Il pezzo si chiama Ma sì che c’è la fai. Scritto proprio così: c’è, con apostrofo e accento. A questo punto viene da pensare che il titolo completo sia Ma sì che c’è la fai a mettere gli accenti a vanvera. Ma è anche probabile che Sandra Milò non sia la nota attrice e presentatrice, ma - tipo - una pittrice cinese (battuta pessima, mi rendo conto, ma qui si deve lavorare). Oppure che il titolo vada letto come Ma sì che c’è la Fai, con la effe maiuscola, nel senso di “ma certamente che la signora Fai è in casa”, oppure di “è ovvio che esiste la Federazione Arbitri Indonesiani”;

2) Gepy & Gepy. Più che un duetto sembra un duo, ma non mettiamoci a sottilizzare. Potrebbe anche essere un unico cantante schizofrenico. Certo è che se si accetta Gepy & Gepy come duetto, allora

3) Athos & Mancini & Pamela Prati vanno considerati un terzetto, e non un duo (Athos & Mancini) che duetta con Pamela Prati. Ma mi rendo conto che la matematica non è il mio forte, così decido di consolarmi con la loro impagabile canzone: Tango delle 11;

4) I Fratelli d’Italia. Ancora loro. Da soli, però: non duettano con nessuno. Se ne deve dedurre che, oltre a Mameli, c’è solo un altro componente nel gruppo. Ma ormai è stato creato un precedente, così i successivi

5) Filadelfia,

6) Meccano, e

7) Nuovi Angeli vengono annoverati a pieno titolo nella categoria duetti. Bontà loro…

Ho ancora una cartuccia da sparare, la migliore di tutte. Un duetto storico. Il simbolo tangibile dell’unità tra classe dirigente e proletariato auspicata da Fritz Lang in Metropolis. Signore e signori, non sto scherzando, l’ultimo duetto vede costituirsi l’inedita combinazione (Tah-Dah!!!) Ricchi & Poveri.

Un capolavoro di compilation.

E voi avete ancora il coraggio di fossilizzarvi sulla Pausini?

Saturday, July 02, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (2)

C'era anche PIANEROTTOLO, il nano che non varcava mai la soglia

Friday, July 01, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette

C'era anche MOCCOLO, il nano single che amava uscire con le coppie.

Thursday, June 30, 2005

RAQ: Ma perché vai così poco al mare?

Sono eliofobico, termofobico e fotofobico.
Riesco a scottarmi anche sotto l’ombrellone (ho i testimoni).
Sudo come una pesca.
Non sopporto di soffriggere al sole.
Le mani insalsedinate mi danno un fastidio della madonna.
Odio cospargermi di creme.
Non sopporto la confusione.
Potrei ammazzare a mani nude i bambini che si schizzano l’acqua gelida tra di loro, e finiscono inevitabilmente col colpire anche me che in acqua ci sono appena entrato e sto camminando in punta di piedi con un'andatura che ricorda vagamente una massaia che balla garbatamente su "O'surdato 'nnamurato". O come cavolo si scrive.
Potrei nuovamente ammazzare a mani nude (o infierire sui cadaveri, se si è verificata l'ipotesi di cui sopra) i medesimi bambini quando giocano con la sabbia scambiando la paletta per una catapulta puntata verso di me.
Potrei ennesimamente ammazzare a mani nude le madri dei suddetti bambini, che invece che picchiare questi ultimi a sangue come dovrebbero, dicono semplicemente "attenti al signore!" e poi tornano a leggere le loro stupide riviste di pettegolezzi sui VIP, convinte di aver compiuto il loro dovere di genitori responsabili.
A parte questo, il mare mi piace molto.

Saturday, June 18, 2005

Quelli che... gli animalisti

Database, in costante aggiornamento, sui luoghi comuni che mi tocca sorbire quando a tavola qualcuno scopre che sono vegetariano, o quando in generale l'argomento 'diritti animali' emerge in una conversazione.

1- Quelli che… da che mondo è mondo l’uomo ha sempre mangiato carne.

2- Quelli che… gli animali da pelliccia vengono allevati apposta.

3- Quelli che… capisco la carne, ma il pesce...

4- Quelli che… capisco il pesce, ma le cozze...

5- Quelli che… se assaggi il polpettone di mia madre cambi idea.

6- Quelli che… pensa alle cose serie.

7- Quelli che… se mangi carne, allora non lamentarti delle pellicce.

8- Quelli che… i cacciatori amano la natura.

9- Quelli che… meglio cento cavie che un bambino.

10- Quelli che… gli animali del circo si divertono.

11- Quelli che… ormai l’ho comprata la pelliccia.

12- Quelli che… a me l’hanno regalata, sennò non l’avrei mai presa.

13- Quelli che… i vegetariani sono contro natura.

14- Quelli che… e allora che mangi?

15- Quelli che… ma te l’ha detto il medico?

16- Quelli che… noi proteggiamo il panda, ma a noi chi ci protegge?

17- Quelli che… toglietemi tutto, ma non il ragù

18- Quelli che… anche le piante hanno sentimenti, perciò non devi mangiare neanche quelle

19- Quelli che… e le proteine dove le prendi?

20- Quelli che… va bene le proteine, ma il ferro?

21- Quelli che… va bene il ferro, ma la B12?

22- Quelli che… va bene la B12, ma è comunque una dieta squilibrata.

23- Quelli che… l’uomo è cacciatore per istinto.

24- Quelli che… se lo libero poi mi muore.

25- Quelli che… anche l’uomo è un animale.

26- Quelli che… siamo uomini, mica bestie.

27- Quelli che… le tradizioni sono importanti.

28- Quelli che… bisogna mangiare un po’ di tutto.

29- Quelli che… Dio ha creato gli animali per servire l’uomo.

30- Quelli che… mica soffrono quando li uccidono.

31- Quelli che… ma se ti trovi da solo davanti a una belva inferocita, che fai: ti lasci mangiare per non ammazzarla?

32- Quelli che… ma perché non ti preoccupi degli esseri umani?

33- Quelli che… se non lo picchio non capisce.

35- Quelli che… non si può mangiare come una capretta.

36- Quelli che… tanto non mi sento in colpa.

37- Quelli che… voglio vedere se c’è carestia.

38- Quelli che… non puoi privarti di certi piaceri.

39- Quelli che… la pelliccia la metto solo perché mi fa freddo.

40- Quelli che… l’uomo è un animale onnivoro.

41- Quelli che… mica il cuoio è pelle.

42- Quelli che… però le zanzare le ammazzi.

43- Quelli che… o sei coerente in tutto, o niente.

44- Quelli che… capisco i cosmetici, ma i farmaci.

45- Quelli che… capisco i farmaci, ma i trapianti.

46- Quelli che… cosa vuoi che senta una gallina.

47- Quelli che… la scienza deve progredire.

48- Quelli che… non si vive di sola soya.

49- Quelli che… deve capire subito chi comanda.

50- Quelli che… la caccia serve a regolare la fauna selvatica.

51- Quelli che… dopo averli pescati, li ributto in mare.

52- Quelli che… se l’uomo è più forte, è giusto che domini.

53- Quelli che… in cattività vivono di più.

54- Quelli che… gli acquari sono belli perché fanno arredamento.

55- Quelli che… la corrida è una metafora della lotta per la sopravvivenza.

56- Quelli che… non venirmi a fare la morale.

57- Quelli che… anche a me dispiace, però è necessario.

58- Quelli che… finché mi parli di inquinamento sono d’accordo.

59- Quelli che… se non la compro io, se la compra qualcun altro.

60- Quelli che… gli animalisti sono troppo fanatici.

61- Quelli che… io purtroppo la devo mangiare per forza, ma fosse per me ne farei a meno.

62- Quelli che… cosa speri di ottenere?.

63- Quelli che… mors tua vita mea.

64- Quelli che… meglio, mangerò più io.

65- Quelli che… gli estremismi non mi sono mai piaciuti.

66- Quelli che… l’uomo primitivo disegnava scene di caccia.

67- Quelli che… non è così che si cambia il mondo.

68- Quelli che… i canini che li teniamo a fare?

69- Quelli che… è scritto anche sulla Bibbia.

70- Quelli che… mica il tonno è un animale (giuro!!!).

71- Quelli che… noi siamo andati sulla luna, le zanzare no.

Friday, June 17, 2005

WIKIPEDIA: voce "Franco Fabbri"

Altra voce per Wikipedia... questa volta si tratta del mio musicologo preferito (nonchè caro amico)

***

Franco Fabbri (nato a San Paolo, Brasile nel 1949), musicista e musicologo. Franco Fabbri è stato dal 1965 chitarrista, cantante e compositore negli Stormy Six, uno dei più interessanti gruppi del progressive italiano, nonchè uno dei più amati dalla critica specializzata (nel 1980, il gruppo ricevette un Premio della critica discografica tedesca, come miglior disco rock dell'anno, davanti ai Police). Oltre agli otto album con il gruppo, Fabbri ha inciso anche lavori di musica elettronica e sperimentale.

Come musicologo, Fabbri ha pubblicato saggi sul rapporto tra musica e tecnologia (Elettronica e musica); sulla musica come fenomeno a 360 gradi (Il suono in cui viviamo, di recente ristampato e ampliato per i tipi dell’Arcana), sull'analisi della canzone (in Fabrizio De André. Accordi eretici e Mina. Una forza incantatrice e nell'Enciclopedia della musica Einaudi), e sui generi musicali, pubblicati in vari libri e riviste internazionali.

Fabbri insegna attualmente all’Università di Torino, è stato chairman della IASPM (International Association for the Study of Popular Music), fa parte della redazione di "Musica/Realtà" e del comitato scientifico della collana "Le sfere", ed è stato uno dei conduttori storici del programma "Radio Tre Suite". Franco Fabbri è senza dubbio uno dei migliori musicologi italiani. In un panorama accademico come quello italiano, dominato da musicologi tradizionali e tradizionalisti, reazionari e conservatori, che si oppongono con anacronistico impegno all’idea che esistano anche altre forme di musica oltre a quella cosiddetta colta, che in musica esista anche una tradizione orale, che anche nei paesi non occidentali si faccia musica, che anche le donne la facciano, che anche gli strati sociali più popolari possano dire di e fare musica, Fabbri è uno dei pochi a ricordarsi e a far presente che la musica, oltre ad avere un passato, abbia anche un presente ed un futuro. In questo senso, Fabbri merita un posto accanto a Roberto Leydi, Gino Stefani, Francesco Giannattasio, e tutti gli altri (non tantissimi) che hanno contribuito a svecchiare la vecchissima musicologia italiana.

Wednesday, June 08, 2005

la lettera (per la lista)

accolgo volentieri la richiesta di Beppe Grillo di promuovere la sua iniziativa attraverso il mio sito (non l'ha chiesto direttamente a me, naturalmente, ma a tutti i suoi lettori)

Andate su
http://www.beppegrillo.it/condannati_parlamento.php
e spedite la mail (già pronta) al massimo rappresentante della Comunità Europea, José Manuel Barroso, per chiedergli di intervenire per non permettere a politici condannati di sedere in Parlamento.

Grazie
Thanks
Kiitos

la lista

Grazie ancora al contributo dell'ineffabile Beppe Grillo (visitate il suo blog: è fantastico! www.beppegrillo.it), vi comunico la lista dei parlamentari italiani CONDANNATI dalla giustizia ("condannati" significa che la loro colpevolezza è stata riconosciuta e che hanno ricevuto una pena. Quelli ancora sotto processo sono drammaticamente più numerosi):

Massimo Maria Berruti (deputato FI):
8 mesi definitivi per favoreggiamento nel processo tangenti Guardia di Finanza.

Alfredo Biondi (deputato FI):
2 mesi patteggiati per evasione fiscale a Genova.

Vito Bonsignore (eurodeputato Udc):
2 anni definitivi per tentata corruzione appalto ospedale Asti.

Umberto Bossi (eurodeputato e segretario Lega Nord):
8 mesi definitivi per tangente Enimont.

Giampiero Cantoni (senatore FI):
Come ex presidente della Bnl in quota Psi, inquisito e arrestato per corruzione, bancarotta fraudolenta e altri reati, ha patteggiato pene per circa 2 anni e risarcito 800 milioni.

Enzo Carra (deputato Margherita):
1 anno e 4 mesi definitivi per false dichiarazioni al pm su tangente Enimont.

Paolo Cirino Pomicino (eurodeputato Udeur):
1 anno e 8 mesi definitivi per finanziamento illecito tangente Enimont, 2 mesi patteggiati per corruzione per fondi neri Eni.

Marcello Dell’Utri (senatore FI e membro del Consiglio d’Europa):
condannato definitivamente a 2 anni per frode fiscale e false fatturazioni a Torino (false fatture Publitalia); ha patteggiato 6 mesi a Milano per altre vicende di false fatture Publitalia.

Antonio Del Pennino (senatore FI):
2 mesi e 20 giorni patteggiati per finanziamento illecito Enimont; 1 anno 8 mesi e 20 giorni patteggiati per i finanziamenti illeciti della metropolitana milanese.

Gianni De Michelis (deputato e segretario Nuovo Psi):
1 anno e 6 mesi patteggiati a Milano per corruzione per le tangenti autostradali del Veneto; 6 mesi patteggiati per finanziamento illecito Enimont.

Walter De Rigo (senatore FI):
1 anno e 4 mesi patteggiati per truffa ai danni del ministero del Lavoro e della Cee per 474 milioni di lire in cambio di falsi corsi di qualificazione professionale per la sua azienda.

Gianstefano Frigerio (deputato FI):
condannato a Milano a oltre 6 anni di reclusione definitivi per le tangenti delle discariche (3 anni e 9 mesi, corruzione) e per altri due scandali di Tangentopoli (2 anni e 11 mesi per concussione, corruzione, ricettazione e finanziamento illecito).

Giorgio Galvagno (deputato FI):
ex sindaco socialista di Asti, nel ’96 ha patteggiato 6 mesi e 26 giorni di carcere per inquinamento delle falde acquifere, abuso e omissione di atti ufficio, falso ideologico, delitti colposi contro la salute pubblica (per l’inquinamento delle falde acquifere) e omessa denuncia dei responsabili della Tangentopoli astigiana nello scandalo della discarica di Vallemanina e Valleandona (smaltimento fuorilegge di rifiuti tossici e nocivi in cambio di tangenti).

Lino Jannuzzi (senatore FI):
condannato definitivamente a 2 anni e 4 mesi per diffamazioni varie, è stato graziato dal capo dello Stato proprio mentre stava per finire in carcere.

Giorgio La Malfa (deputato Pri, ministro Politiche comunitarie):
condanna definitiva a 6 mesi e 20 giorni per finanziamento illecito Enimont.

Roberto Maroni (deputato Lega Nord e ministro Lavoro):
condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia nella sede di via Bellerio a Milano.

Augusto Rollandin (senatore Union Valdôtaine-Ds):
ex presidente della giunta regionale Valle d’Aosta è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione nel ’94 a 16 mesi di reclusione, 2 milioni di multa e risarcimento dei danni alla Regione per abuso d’ufficio: favorí una ditta “amica” nell’appalto per la costruzione del compattatore di rifiuti di Brissogne. Dichiarato decaduto dalla Corte d’appello di Torino, in quanto “ineleggibile”, nel 2001 si candida al senato con l’Union Valdotaine, i Ds e i Democratici.

Vittorio Sgarbi (deputato FI):
6 mesi definitivi per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, cioè del ministero dei Beni culturali.

Calogero Sodano (senatore Udc):
già sindaco di Agrigento, condannato definitivamente a 1 anno e 6 mesi per abuso d’ufficio finalizzato a favorire i costruttori abusivi in cambio di favori elettorali.

Egidio Sterpa (deputato FI):
condannato a 6 mesi definitivi per tangente Enimont.

Antonio Tomassini (senatore FI):
Medico chirurgo, condannato in via definitiva dalla Cassazione a 3 anni per falso: durante un parto, una bambina sua paziente nacque cerebrolesa. Forza Italia l’ha subito nominato responsabile per la Sanità del partito e presidente commissione Sanità del Senato.

Vincenzo Visco (deputato Ds):
Condannato definitivamente dalla Cassazione nel 2001 per abusivismo edilizio, per via di alcuni ampliamenti illeciti nella sua casa a Pantelleria: 10 giorni di arresto e 20 milioni di ammenda. Piú l’“ordine di riduzione in pristino dei luoghi”. Cioè la demolizione delle opere abusive.

Alfredo Vito (deputato FI):
2 anni patteggiati e 5 miliardi restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli.

Siamo in buone mani, eh!?

Tuesday, June 07, 2005

il contrario della volgarità

Berlusconi ha duramente criticato Enzo Biagi per l'articolo apparso sul Corriere di domenica scorsa (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/06_Giugno/06/biagi2.shtml), in cui il giornalista lo rimproverava di aver mostrato il dito medio agli abitanti di Bolzano che lo stavano severamente fischiando durante una sua recente visita.
Nel ricordare l'episodio (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/06_Giugno/07/biagi.shtml), Berlusconi ha detto che Biagi "ha raccontato il contrario di quello che è accaduto".
Cosa voleva dire, che prima ha mostrato il dito medio e poi lo hanno fischiato???

Monday, June 06, 2005

WIKIPEDIA: voce "vegetarismo"

Un'altra voce che ho curato per Wikipedia riguarda una delle mie convinzioni ideologiche più forti (e durevoli, visto che ormai sono vegetariano dal 1994)...

***

Il vegetarismo (detto anche vegetarianismo o vegetarianesimo) è una forma di alimentazione che si astiene dal consumo di qualunque forma di carne o pesce, ma che include alimenti cosiddetti derivati (latte, latticini, uova...). Quest'ultima caratteristica distingue il vegetarismo dal veganismo (o vegetalismo), per il quale l'astensione riguarda indistintamente ogni prodotto derivante da forme di vita animali. In forme meno ortodosse, "vegetariano" si definisce anche colui o colei che abbia rinunciato solo alla carne, e non al pesce, o addirittura - in forme più autoindulgenti - solo alle carni rosse, accettando ad esempio la carne di pollo nella propria dieta.

Tipologie

Fatte le dovute, ma comunque rare, eccezioni, è possibile identificare tre principali ragioni dietro la scelta vegetariana (non sempre reciprocamente esclusive). La prima è di tipo salutista. Il vegetariano ritiene che una dieta priva di carne sia tendenzialmente più sana, sia per la natura dell'alimento carneo in sé, e sia per le moderne metodologie di allevamento del bestiame, che fanno largo uso di prodotti chimici durante varie fasi del ciclo di produzione. La rinuncia al pesce, alimento universalmente considerato più salutare della carne, viene invece giustificata con il crescente inquinamento delle acque, e in particolare con la presenza di mercurio.

Una seconda ragione, più trasversale, è di tipo religioso. Alcune religioni suggeriscono, o implicano, la rinuncia parziale o totale alla carne, motivandola o con questioni di salute (spirituale e/o corporea), o attraverso una generale etica del rispetto verso le varie forme di vita. L'attribuzione dell'etichetta 'vegetariano' è in alcuni di questi casi più metaforica che fattuale.

La terza ragione, sulla quale si intende soffermarsi in questa sede, è di natura prettamente morale. Il termine 'vegetarismo', in questo caso, si configura come una sineddoche per varie forme di abitudine alimentare (veganismo, crudismo, fruttarismo, etc.) motivate da scelte etico-filosofiche spesso ispirate alla nonviolenza, al pacifismo e all'animalismo.

Il vegetarismo etico

La prima di tali scelte, ovvia, è la coerenza tra il sentirsi individui non violenti e la rinuncia a un cibo per la produzione del quale si è ricorsi a violenza. Il vegetariano animalista è prevedibilmente contrario all'idea di nutrirsi a spese di forme di vita la cui incolumità, a suo parere, non andrebbe violata.

Una seconda ragione riguarda la relazione tra il consumo di carne dei nostri tempi e le forme di sfruttamento del cosiddetto Nord del mondo sul Sud e sull'ecosistema. Forme che si stratificano all'interno di una precisa strategia di marketing che, a partire dal dopoguerra, ha creato il mito della carne quale alimento irrinunciabile e, soprattutto, bandiera del ritrovato benessere economico. L'italiano medio, da un consumo annuo di 8 Kg dell'immediato dopoguerra, si è assestato oggi intorno agli 80 Kg. Il problema, nell'ottica vegetarista, è ben riassunto dai ricercatori del Centro Nuovo Modello di Sviluppo: "Il nostro alto consumo di carne è ingiusto perché non è estendibile a tutti gli abitanti del pianeta, semplicemente perché non ci sarebbe abbastanza terra coltivabile". La produzione di carne richiede, nel suo processo, una superficie di terra coltivabile fino a sedici volte superiore a quanta ne è richiesta da legumi ed altri tipi di proteine vegetali. Questo significa che la produzione di 200g di carne, ovvero un semplice secondo piatto per un italiano di medie condizioni economiche, richiede l'impiego della stessa quantità di terreno dal quale si potrebbero ricavare due chili e mezzo tra cerali e legumi, l'equivalente di un pasto completo per una settimana. Paradossalmente, di tutti i cereali prodotti nel mondo, oltre la metà (il 55%) è destinata agli allevamenti, e non direttamente alle tavole. A questo va aggiunto il fatto che la maggior parte dei mangimi per animali vengono coltivati e preparati in Asia e America Latina, ovvero Paesi più poveri, e non destinatari di quella produzione.

Un terzo importante legame tra rinuncia alla carne e pacifismo è l'impatto ambientale. In virtù della sua complessità strutturale, infatti, il sistema di allevamento intensivo deve far fronte ad una serie di operazioni parallele all’allevamento tout court (una per tutte, l'agricoltura chimica), spesso anche per ammortizzare - paradossalmente - le eccedenze della superproduzione. L'equivalente dei succitati 200g di carne corrisponde a circa 4 litri di liquami. Inoltre, l'esigenza di creare ampi spazi, agricoli per coltivare foraggio e logistici per impiantare l'allevamento stesso, è ritenuto corresponsabile della deforestazione di diverse aree, nuovamente, del Sud del mondo.

I controargomenti

Come ogni forma mentis che prevede radicali cambiamenti nello stile di vita collettivo, anche il vegetarismo è esposto a critiche di varia natura e dimensione. Un tipico controargomento cerca di rilevare l'apparente incoerenza di chi, nel predicare un maggiore rispetto della natura, finisce con il contravvenire a leggi che sembrano essere state stabilite dalla natura stessa, come ad esempio l'istinto alla caccia e alla pesca che l'essere umano avrebbe sviluppato nel corso della sua evoluzione. L'idea dei sostenitori del vegetarismo, viceversa, è che l’essere umano sia diventato ‘onnivoro’ in tempi relativamente recenti, tanto è vero che non ha sviluppato nessuno dei tratti anatomico-fisiologici tipici degli animali che si nutrono di carne (artigli, zanne, intestino corto). Nonostante questo, l’essere umano si è evoluto, e dati i suoi deficit fisici (il corpo umano ha potenzialità decisamente ridotte rispetto alla maggior parte delle altre specie), ha evoluzionisticamente ‘capito’ che l’unico modo per sopravvivere era costruirsi arnesi e cacciare piuttosto che competere con animali meglio equipaggiati per vivere di raccolta. Gli esseri umani erano raccoglitori, poi sono diventati cacciatori, poi allevatori. Ciò posto, sostengono i vegetaristi, nessuno impedisce alla nostra specie di continuare il processo evolutivo e di giungere a un nuovo regime alimentare che porti con sé i vantaggi sopra descritti.

Un secondo controargomento è l'apparente carenza, nella dieta vegetariana, di alcuni importanti principi nutritivi che l'alimentazione carnea fornisce in dosi sufficienti: proteine, ferro, e alcune vitamine. I vegetariani rispondono con l'elevata presenza di questi principi in alimenti come i legumi (la soia, in particolar modo), i germogli e i cereali. Il dibattito sull'appropriatezza della dieta vegetariana rimane comunque aperto, anche se sembra soprattutto legato a questioni culturali che non ad indicazioni nutrizionistiche vere e proprie.

Impatto culturale

Statistiche alla mano, la direzione sembra essere quella di una lenta ma inequivocabile 'vegetarianizzazione' della popolazione mondiale, soprattutto negli stati occidentali. I vegetariani nel mondo sono sempre più, e - soprattutto - aumentano nelle nuove generazioni. Secondo statistiche stilate negli Stati Uniti, alla domanda “Are you vegetarian?” si è passati dall’1,2% di “Yes” del 1977, al 6% del 2003 (con punte del 10% negli stati più progressisti della costa occidentale, e consistenti aumenti percentuali se si accettano coloro che includono il pesce nella loro dieta). Approssimativamente, i vegetariani sono dunque aumentati del 500% in poco più di 25 anni, con un trend piuttosto costante.

Sunday, June 05, 2005

finalmente qualcuno che lo dice!

Ho apprezzato, anzi degustato, "l'odio al vino" di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it). Finalmente qualcuno che rompe l'incantesimo di un prodotto del quale se non parli bene fai la figura dello sfigato.

Trascrivo:

Odio il vino, quello "buono".

Il vino barricato con retrogusto di muschio, il vino degustato non bevuto, il vino tenuto in bocca, il vino fatto respirare.

Questo vino lo odio con tutte le mie forze.

Odio il vino prodotto dai Panerai, Rotschild, con le cantine fatte dai grandi architetti Botta, Weber, Yokonimo, Rikowski.

Cantine arredate, attrezzate a sala congressi, con sopra un Relais Chateaux con 50 camere lusso.

Odio le vigne perfettamente allineate, senza un filo d'erba superfluo.

Odio lo spreco delle bottiglie di vetro, belle, strardinarie, e buttate vie dopo l'uso.

Odio il tappo di silicone.

Odio i grandi intendiori.

Odio tutto ciò che gravita intorno al vino: le riviste, le trasmissioni televisive, i sommelier, gli accessori.

Il vino buono è un'altra cosa.

Stanno arrivando i vini australiani, cileni, californiani, ottimi ed economici.

Il vino dai 20 euro in su va odiato.

Quando andate al ristorate portatevelo da casa, la legge lo consente.
Mi raccomando solo di non farvelo stappare, altrimenti vi applicano un servizio stappo che vi rovina.

DIS: film claustrofiliaci

Dicesi film claustrofiliaco un lungometraggio a dimensione essenzialmente teatrale, in genere girato in un'unica location, in spazi prevalentemente chiusi. Il cinema italiano degli ultimi anni ha sviluppato una notevole passione per questa dimensione (appunto, claustrofilia = amore per gli spazi chiusi), ma in questa isola deserta porterò anche qualche film straniero. Come sempre i titoli sono in ordine sparso, non di preferenza:

- Sleuth (1972), di Joseph L. Mankiewicz. Saggio di recitazione dei due mostri sacri Micheal Caine e Lawrence Olivier, che da soli sorreggono l'intero film. E non è una metafora.
- Compagni di scuola (1988) di Carlo Verdone. Molto meglio del Grande Freddo, da cui è ispirato.
- Parenti serpenti (1992) di Mario Monicelli. Cinico come non mai, Monicelli ritrae una famiglia italiana in cui sotto sotto ci riconosciamo tutti.
- Murder by death (1976) di Robert Moore. Irresistibile parodia dei film gialli. Continua ad essere uno dei miei film preferiti di sempre.
- La Stazione (1990) di Sergio Rubini. Capolavoro della filosofia 'piccolo è bello'.
- Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola. Bello e intenso. Un classico.
- La cena (1998) di Ettore Scola. Film corale con una raffinatissima orchestrazione.
- Mille bolle blu (1993) di Leone Pompucci. Film originalissimo: un condominio come metafora della vita.
- Arsenic and Old Lace (1944) di Frank Capra. Superclassico: Cary Grant è irresistibile.
- Sud (1993) di Gabriele Salvatores. Uno dei film più sottovalutati di Salvatores. Un grande Silvio Orlando.
- La più bella serata della mia vita (1972) di Ettore Scola. Semisconosciuta ma pregevole interpretazione di Alberto Sordi. Film a tinte noir-grottesche.
- Four Rooms (1995) di Allison Anders, Alexandre Rockwell, Robert Rodriguez e Quentin Tarantino. Il povero Tim Roth ne vede di tutti colori. Un episodio più divertente dell'altro.

Saturday, June 04, 2005

TELADOIOLAFINLANDIA - Dei trasporti pubblici

PREMESSA PER GLI OUTSIDER: Se un giorno vi capiterà di passare per la Finlandia e di prendere un autobus, noterete, con una certa brutale celerità, che gli autisti sono degli esaltati.

Il pezzo è stato scritto quando ancora vivevo a Vantaa (la città dell'aereoporto, a pochi km da Helsinki)

Il disegno è del bravissimo vignettista della Rondine, Aras Jarjis.

***

Vivo a Vantaa.

Non è malaccio, in fin dei conti. Il fatto che Vantaa sia la porzione più proletaria del territorio di Helsinki mi riconcilia con le mia mai rinnegata e rinnegabile appartenenza sociale, e in più sono in mezzo al verde e a cagnoni mastodontici, portati a spasso da esseri umani il più delle volte altrettanto prestanti.

C'è solo un problema.

Devo prendere l'autobus per tornare a casa.

La cosa non è grave di per sé. È grave in rapporto al tempo (circa 25 minuti di viaggio) trascorso in uno dei più formidabili sistemi di tortura ideati in una terra protestante. Non so se siete mai saliti su un autobus finlandese, di quelli extra-urbani, ovvero di quelli che hanno la possibilità di fare un tratto di autostrada (che andrebbe già ribattezzata "rettilineo", per una correttezza terminologica che chiarirò tra un attimo). Se non vi è mai successo, il mio suggerimento è quello di fare di tutto perché non vi accada mai.

I conducenti di questi autobus, infatti, sono cresciuti nel mito di Keke Rosberg. I più giovani sono stati tirati su a pane e Häkkinen, mentre i promettenti risultati di Räikkönen di questo inizio stagione stanno già ponendo inequivocabili basi per la prossima generazione.

I conducenti degli autobus finlandesi vanno veloci e praticano la guida sportiva. Inchiodano quando frenano e schizzano quando ripartono. Coprono in venticinque minuti un percorso che una Lamborghini coprirebbe in trenta. Considerano il loro autobus dotato della stessa potenza e affidabilità di un veicolo di Formula Uno. Solo più veloce.

Palpabile è la frustrazione di quelle auto di grossa cilindrata superate in velocità sul (per l'appunto) rettilineo di un'autostrada da questi fulminanti parallelepipedi su ruote. Nemmeno la pioggia sembra spaventarli: pare anzi che - analogamente alle Ferrari - traggano vantaggio dalle piste bagnate. Si capisce inoltre che le fermate vengono intese con il medesimo spirito dei pit-stop. Prima si fa, meglio è. E soprattutto, meno sono, meglio è.

Indico qui di seguito le principali implicazioni di un tale atteggiamento:

1) Spesso e volentieri (soprattutto volentieri), gli autobus giungono alla fermata di turno con un anticipo di almeno tre-quattro minuti, il che è perfettamente sincronizzato con le esigenze del viaggiatore invernale, il quale compie significativi sforzi di ragioneria per raggiungere la fermata non troppo in anticipo rispetto all'orario di passaggio previsto, al fine di non congelare nell'attesa. L'utente arriva alle 18:07 laddove si aspetterebbe di salire su un autobus alle 18:10, per poi scoprire alle 18:30 che il suo autobus era passato alle 18:06. Se poi Murphy ci mette del suo, l'autobus delle 18:30 è in ritardo, consentendo così all'utente di completare con disinvoltura il processo di ibernazione, che per l'appunto - a gennaio - richiede poco più di venti minuti;

2) Nel salire sulla vettura, l'utente deve prestare massima attenzione a non salire per ultimo. Non certo per ragioni scaramantiche. È infatti convinzione del conducente che il segnale per ripartire non sia il "tutti si sono seduti o per lo meno accomodati", come ragionevolmente ci si potrebbe aspettare, bensì il più sbrigativo "tutti sono saliti e muniti di biglietto". La corsa riprende nello stesso istante in cui l'ultima persona della fila ha esibito il titolo di viaggio. Per i primi utenti saliti, la cosa non rappresenta un reale problema. I problemi cominciano dal terz'ultimo, che riesce a sedersi un nanosecondo prima che il conducente affondi il piede destro sull'acceleratore; continuano con il penultimo, che fa in tempo a tuffarsi sul primo sedile disponibile (è il motivo per cui, educatamente, i finlandesi occupano per primi i posti vicino al finestrino); e, fatalmente, si concretizzano per l'ultimo, che è solitamente spacciato. Avverte l'onda d'urto della ripartenza, compie il tragitto dall'entrata fino alla metà dell'autobus in tre passi di due metri e mezzo l'uno, travolge una carrozzina ivi parcheggiata, utilizza il primo supporto a disposizione come perno, ruota a 270 gradi e si accomoda sulle ginocchia di un altro passeggero, al quale rivolge un rituale "Voi anteeksi", che pare significhi "trovo le Sue ginocchia particolarmente confortevoli". Per lo stesso principio

3) L'utente - che sia ultimo o no a salire - è caldamente raccomandato di rintracciare il proprio titolo di viaggio prima di salire sull'autovettura. Va da sé che - sempre in inverno - questa operazione costa solitamente il congelamento della mano destra, in quanto - per frugarsi nelle tasche - è necessario estrarla dal guantone da sci. Il rischio di amputazione dell'arto è però assolutamente insignificante rispetto alla prospettiva di dover cercare il biglietto DOPO essere saliti. È uso del conducente, infatti, ripartire PRIMA del controllo del biglietto, qualora l'espletamento di quest'ultima attività vada per le lunghe. Motivo ricorrente (e a suo modo scena madre) di un qualsiasi viaggio in autobus è il signore o la signora che non trova il biglietto, e che necessita di visitare il contenuto delle proprie tasche (almeno sei sul giaccone da neve, quattro sui pantaloni, e quando va male ce ne sono pure altre due sulla giacca) dalle due alle tre volte (dunque 24-36 tasche in tutto). Alla terza tasca, il conducente ha già deciso che il passeggero di turno gli sta facendo perdere troppo tempo. Riparte (con sgommata). È qui che il nostro passeggero ci offre un ritratto coreutico discretamente credibile dei mai troppo criticati anni '80: comincia a ballare la breakdance. Le 21 (o 33) tasche rimanenti vengono esplorate in condizioni di equilibrio che definire precarie è altrettanto eufemistico che definire parziale il TG4. I passi dell'utente seguono con inappuntabile fedeltà le vicissitudini cinetiche dell'autobus, a cominciare dagli interminabili rinculi delle frenate. Gli altri passeggeri assistono imperturbabili, ma il crescente pathos per le sorti del malcapitato è palese. Dopo sei fermate, qualche decina di frenate e conseguenti rinculi, un Kehä imboccato senza scalare le marce, e punte massime di 210 all'ora, il titolo di viaggio viene finalmente rintracciato: come sempre era nella prima tasca, sfuggito per la fretta nel primo giro, e vigliaccamente nascostosi dietro le coinquiline Salmiakki nel secondo. L'utente, sudato come uno squalo ma trionfante come Tardelli contro la Germania, esibisce il lembo di carta al conducente e affronta la fase già descritta al punto 2 di questo breve compendio.

Inutile dire che, per chi come me soffre di cinetosi, tutto questo è una specie di punizione divina, inflitta per peccati che sicuramente ho commesso, ma che mai mi sarei aspettato di scontare in questo modo.