Sunday, November 20, 2005

Tuesday, November 01, 2005

maxwell's silver hammer

Ho trovato una bellissima animazione Flash per il celebre pezzo dei Beatles tratto da Abbey Road:
www.macca-central.com/macca-news/morenews.cfm?id=1948&LID=1954&IDold=0

"Maxwell's Silver Hammer" rientra in una mini-tradizione del repertorio McCartneyano che associa melodie orecchiabilissime e spensierate a testi inquietanti e politicamente scorretti. Maxwell è un serial killer che fa fuori varie persone (tra le quali la propria ragazza Joan) durante la canzone. Altri esempi sono "Ob-la-dì Ob-la-dà", nella quale Desmond, apparentemente sereno uomo di famiglia, si dedica in realtà a un travestitismo piuttosto perverso (si trucca come sua moglie Molly, e la sostituisce come cantante in un'orchestrina), e "Lovely Rita", che prima viene descritta come una vigilessa militaresca e mascolina, e poi per poco non organizza un'orgia con le proprie sorelle e con il personaggio narrante.

Sunday, October 30, 2005

il cucchiaio è ceco

Sulla Repubblica di oggi (www.repubblica.it/2005/j/sezioni/sport/calcio/librototti/librototti/librototti.html)
è riportata la notizia dell'imminente uscita di un manuale di calcio di Francesco Totti (che si avvarrà della collaborazione - leggi: correzione ortografica e traduzione in italiano - di un giornalista). La notizia in sé non è malvagia, anzi. Senz'altro Totti è uno che sa giocare molto bene a calcio.

Il problema è l'articolo citato, che per l'ennesima volta attribuisce l'invenzione del cosiddetto 'cucchiaio' al capitano della Roma, datandone il conio all'anno 2000, quando - durante la semifinale degli Europei di Calcio per Nazioni Italia-Olanda, terminata ai rigori a favore degli azzurri - effettivamente Totti si esibì in uno spettacolare rigore centrale, lento e a palombella, che lasciò esterrefatto il portiere Van Der Saar che naturalmente si era buttato su un lato prevedendo un tiro angolato e teso.

Da allora, per estensione, si parla di cucchiaio anche per pallonetti eseguiti con palla in movimento, e colpiti in quel particolare modo nel quale Totti è maestro (non si tratta di pallonetti qualunque: è necessaria una particolare impostazione del piede e del tiro, tutt'altro che scontata).
Per rincarare la dose, l'autore dell'articolo afferma "che solo un brasiliano (o Maradona)" avrebbe potuto cavare fuori dal cilindro un colpo simile.

Davvero?

L'inventore di questo tipo di rigore non è nè italiano, nè brasiliano e nè argentino. E non sono passati secoli da quando per la prima volta si è visto un tiro del genere. Solo 29 anni. Molti dei giornalisti sportivi che ancora scrivono, allora c'erano.

C'ero persino io, anche se avevo solo due anni, e l'unico cucchiaio che mi interessava era quello attraverso il quale avevo accesso alla 'pappa' (in dosi la cui copiosità sto scontando ancora oggi).

L'inventore del cucchiaio è Antonin Panenka, centrocampista della nazionale cecoslovacca, vincitrice dell'edizione del 1976 dello stesso torneo nel quale Totti ha esibito il mirabile colpo.

Se il Pupone viene osannato non solo per la classe, ma anche per il coraggio sfoderato in una semifinale dei campionati europei, bisognerebbe far notare che:

- Panenka tirò a cucchiaio in una finale;

- Totti tirava il terzo rigore dopo che gli olandesi ne avevano sbagliati due, e gli azzurri li avevano tutti messi a segno (l'unico errore italiano, di Paolo Maldini, che curiosamente tirò col piede sinistro, sarebbe avvenuto nel rigore successivo). Si trattava dunque di un contesto abbastanza 'protetto'. Panenka tirò nientemeno che il rigore decisivo, dopo l'errore avversario (si trattava della Germania Ovest, fresca campionessa del mondo). Fu il suo gol a sancire la vittoria ceca. Un eventuale errore lo avrebbe coperto di ridicolo per l'intera carriera.

- Si potrebbe anche aggiungere che Totti aveva contro Van Der Saar, mentre Panenka Sepp Meier. Non so se mi spiego.

Non è finita. I più appassionati ricorderanno anche che nei primi anni '90, Gianluca Vialli provò il colpo in almeno un paio di occasioni, e neanche lui era brasiliano o "Maradona" (per quanto coi piedi ci sapeva fare, eccome). Gli andò bene la prima volta, ma in una semifinale di Coppa Italia con il Torino rimediò la classica figuraccia da cucchiaio: Marchegiani (allora in forza ai granata) rimase fermo ed eretto, e Vialli non potè che osservare il suo tiro lento e liftato finire malinconicamente tra le braccia del portiere avversario.

Questo non vuole nulla togliere a Totti, il quale si è dimostrato grandissimo interprete di questa specialità (anche se la sua brava figuraccia l'ha fatta anche lui col Lecce, nel campionato 2004-2005). E' con i giornalisti che ce l'ho: come musicologo, non sta bene che dica che il primo esempio di distorsione in una chitarra elettrica appare nel 1964 con "I feel fine" dei Beatles (come molti credono), se Johnny Watson usava già i suoni saturati nella sua "Space Jam", datata 11 anni addietro.

In conclusione: chiamiamolo pure cucchiaio, ma non chiamiamolo "alla Totti", perchè in realtà è "alla Panenka".

PS: una curiosità. Panenka, quattro anni dopo la finale vinta con i tedeschi occidentali, si ritrovò a battere un altro calcio di rigore in una finale dei campionati europei, anche se solo per il terzo posto. Gli avversari erano gli azzurri di Bearzot. La partita terminò ancora una volta ai rigori, come si suol dire "ad oltranza" (cioè, dopo la prevista serie di 5 rigori per parte), e fu vinta 10-9 dai cechi, con un solo errore dal dischetto, di Fulvio Collovati. Panenka, che non tirò il rigore decisivo, in quanto era uno dei 5 rigoristi designati, tirò teso ed angolato. Zoff da una parte, pallone dall'altra. Zoff, come sempre fanno i portieri, si tuffò con leggero anticipo. Quindi, anche questa volta, il cucchiaio avrebbe funzionato. Ma, forse, Panenka non voleva banalizzare il fascino di quell'invenzione di quattro anni prima. Forse cercava l'unicità del gesto, oltre che la paternità. Gliele hanno tolte entrambe: l'unicità (ed è un bene) e, soprattutto, la paternità (e non è stato troppo carino).

Monday, October 24, 2005

belle le pellicce, vero?

http://www.strasbourgcurieux.com/fourrure/

PS: Ciao Giulia, grazie per avermi segnalato il link

Friday, September 30, 2005

sex and the fear

Spero che le lettrici di questo blog siano ancora troppo poche, e quelle poche non se la prendano più di tanto, perchè sto per parlare del loro telefilm preferito!

E' successo per la quarta volta su quattro istanze, per cui sono portato a credere che non sia un caso. In quattro circostanze ho espresso il mio parere (non così negativo, ma tutto sommato inferiore alla sufficienza) su Sex and the City, e tutte e quattro le volte mi sono sentito rispondere che dico così perchè in realtà le situazioni come quelle descritte nel telefilm mi "fanno paura, in quanto uomo".

Il fatto che noi uomini scopriamo che anche le donne parlano di sesso, e in quel modo, più personaggi come Samantha, dovrebbe metterci una paura folle, inferendo un ennesimo colpo alla nostra trincea in questa battaglia dei sessi, dove per altro - a mio parere - siamo già stati sconfitti da parecchio.

Allora, una volta per tutte:

- SEX AND THE CITY non mi fa paura, non mi inquieta, non mi scuote, non minaccia la mia identità di uomo, non mi fa sentire deprivato di un ruolo che credevo appartenesse al mio genere, eccetera eccetera.

- SAMANTHA mi sta simpatica. Non è la mia preferita (Miranda lo è), ma è decisamente meglio di quella suora nevrotica di Charlotte, e di quella fiera del cattivo gusto vestiario di Carrie (che sembra, a rotazione, a - un uovo di pasqua, b - un lampadario, c - un carciofo rovesciato).

- Che le donne parlassero di sesso tra di loro non mi sorprende affatto, anzi l'ho sempre saputo. Sono (alcune di) loro, semmai, che hanno sempre negato di farlo, e che anzi bollavano me ed altri come maniaci perversi che "non pensano ad altro". Se queste donne erano sincere, sono loro a doversi scandalizzare ed impaurire per Sex and the City. Non io.

Allo stesso tempo, Sex and the City - pur essendo meglio di tanti altri telefilm - non mi conquista più di tanto, perchè:

- I dialoghi tendono a rifarsi il verso troppo spesso, pur essendo nella maggior parte dei casi divertenti;

- Le attrici, soprattutto la protagonista, non sono esattamente delle Meryl Streep o delle Licia Maglietta. Per tacere degli attori... Ma soprattutto

- Detesto l'esagerato (tipicamente yankee) accento sulla NewYorkness delle protagoniste, e quella morale (di nuovo, tipicamente yankee) in cui alla fine "come NY e l'America non c'è niente". Senza contare le solite venature politico-repubblicane (in Stati Uniti, i democratici non sono altro che repubblicani che parlano anche di sesso e psicanalisi, e che ammettono che il Vietnam è stato un errore): e quindi, diamogli addosso al russo (che sembrava il compagno perfetto, ma poi naturalmente è un debordante egocentrico), facciamo vincere Mr.Big (che sembrava il più stronzo di tutti), facciamo preferire NY persino a Parigi (tra l'altro, in sospetta coincidenza col raffreddamento dei rapporti diplomatici tra Francia e USA), e via discorrendo.

Infine, per chi fosse interessato, ecco le mie fiction televisive preferite (in ordine sparso, eccetto il primo posto, che è proprio primo):
- Il Commissario Montalbano
- Oz
- Saranno Famosi (quello con Bruno Martelli e Doris Schwartz, non quella cosa schifosa della De Filippi. Sia chiaro)
- Moonlighting
- Casa Keaton
- La meglio gioventù (che era nato come fiction televisiva)
- Ally McBeal
- Giudice Amy
- Nip e Tuck
- Il tenente Colombo
- La Signora in Giallo
- I Professionals (che erano una specie di Starsky e Hutch inglesi)
- Sandokan
- Sherlock Holmes (la serie televisiva degli anni '50, con Roland Howard)

Monday, September 26, 2005

imprecazioni

Domenica scorsa, durante la rituale partitella di calcio tra amici, sono stato sonoramente rimproverato per aver imprecato.
La situazione calcistica, onestamente, giustificava pienamente il mio disappunto (anche se non la reazione verbale, mi rendo conto). Un compagno di squadra, di suo non troppo incline a liberarsi facilmente della palla, si mette a cincischiare con il pallone sulla linea laterale destra, attirandosi tre avversari addosso, e dunque creando ampissimi spazi per me e per un altro compagno, che attendiamo fiduciosi la palla davanti al portiere avversario, COMPLETAMENTE liberi. Si apre un varco per un passaggio, alziamo la mano, gesticoliamo enfaticamente, e gridiamo pure "dalla in mezzo!", e "siamo soli!".
Niente.
Il nostro ricomincia a litigare con la palla, procede a portarsela all'indietro, la perde, dà il via al contropiede avversario, e prendiamo gol.
Mi scappa.
L'imprecazione, intendo.
E' forte e chiara, e consiste in uno dei nomi con cui è noto il figlio terrestre del dio della principale religione monoteista occidentale. Il nome non viene accompagnato da nessuna qualifica dispregiativa, tipo "Porco" o "Boia", per cui non assume i connotati della bestemmia, però viene gridato con tanta enfasi, e calcando sui suoni duri (Ci ed Erre, Esse e Ti), da non lasciare dubbi che si tratti di un'imprecazione, e non della didascalia ad un'improvvisa apparizione celeste.
In più, si è chiaramente nominato il personaggio invano. E pare che sia altrettanto grave che uccidere e desiderare la donna ad altri.
Il compagno di squadra, fervido credente (e comunque persona gentilissima, calcisticamente corretta, e - nonostante questo episodio - per niente egoista o bigotta), si arrabbia, mi rimprovera seccamente e abbandona il campo.
Abbiamo il tempo di chiarirci negli spogliatoi, e di scusarci reciprocamente (io per avergli mancato di rispetto, e lui per la reazione un po' sproporzionata), per cui nessuno strascico rimane del nostro piccolo contrasto, tanto da consentirmi di scrivere questo post in assoluto relax, e senza il timore di (ri)offendere nessuno.
Ho raccontato l'episodio solo perchè lo sviluppo della discussione con il mio amico mi ha fatto riflettere su un paio di punti, in riferimento al valore semantico dell'imprecazione in sè.
Il motivo della reazione del compagno, come egli stesso mi ha precisato, riguardava il suo forte sospetto che, dicendo io "Cr***o!", mi stessi rivolgendo a lui. Come cristiano, giustamente, si è sentito offeso.
Così ci ho pensato: mi riferivo veramente a lui?
E ho maturato quanto segue:
1) No. Non mi riferivo a lui.
2) Se mi fossi riferito a lui, gli avrei affibbiato un epiteto quantomeno sarcastico, se non aggressivo, no? "Idiota!", "Egoista!", "Chi ti credi di essere? Il Maradona dei poveri?", o quant'altro. Naturalmente non ho pensato nessuna di queste cose (anche perché, se qualcuno mi facesse notare i miei errori calcistici, faremmo notte). Ma allora
3) Perchè considerare "Cr***o!" un'offesa? Ma soprattutto
4) Come fa proprio un credente a considerare "Cr***o!" un'offesa? Non dovrebbe, semmai, essere il complimento per antonomasia (non esente, per altro, dall'innescare un certo senso di onnipotenza)? Evidentemente il compagno di squadra ha pensato al comandamento, e - ripeto: giustamente - ha pensato che mancassi di rispetto a lui, come alla religione in genere, nel nominare il personaggio invano proprio in riferimento ad una situazione nella quale ero palesemente deluso del suo operato calcistico. Il che mi porta a meditare sul ruolo dell'imprecazione (questa in particolare, e tutte le altre in generale) nei pensieri dell'imprecante, e a concludere che
5) Qualunque forma lessicale prenda l'imprecazione, essa non è mai utilizzata con preciso riferimento al proprio significato letterale. In altre parole, mai, pronunciando la parola "Cr***o!" ho pensato a) al personaggio noto ai fedeli come Gesù, il Salvatore, il figlio di Dio, o altre denominazioni; b) al fatto che egli potesse essere in alcun modo responsabile dell'errore calcistico del mio amico; c) al fatto che esistesse una qualunque relazione tra quest'ultimo e il personaggio menzionato nell'imprecazione.

E questo vale per ogni imprecazione. Pensateci un attimo: quando dite "Porca vacca!" vi viene veramente in mente un esemplare femmina di bovino dedito al sesso facile ed occasionale? Dicendo "Vaff..." vi state realmente configurando una situazione nella quale il destinatario del vostro messaggio si dedichi a pratiche sessuali convenzionalmente contro natura? E se sì, siete sicuri che la cosa gli dispiaccia?
Dicendo "Boia di un mondo ladro" avete realmente tutto il tempo di a) antropomorfizzare il pianeta Terra; b) immaginarvelo nei panni di un Arsenio Lupin, o di un altro lestofante meno letterario e raffinato; e c) visualizzare questo essere mostruoso con un cappuccio rosso, un'accetta in mano, sopra una pedana generalmente in legno, pronto a giustiziare un povero innocente (probabilmente l'emittente dell'imprecazione)?

Secondo me, no.

Thursday, September 22, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (5)

C'era anche Vicolo, il nano che oltre a essere corto poteva anche essere stretto

Thursday, September 08, 2005

la pausa

Ciao!

Volevo solo scusarmi per aver rallentato nella pubblicazione dei post. E' stato un Agosto molto intenso nel quale sono successe parecchie cose. Comunque, come diceva Baglioni in quella canzone in cui si identifica in uno dei nipoti di Paperino, "sono vivo e sono Qui".

;Dario

Monday, August 15, 2005

dentino del giudizio

Oggi mi sono svegliato con una convinzione che mi dà l'aria di essere piuttosto saggia. Se lo è, è probabile che ci abbia già pensato qualcun altro a formularla come massima. La convinzione è la seguente:
"La maturità e la forza di un'amicizia (o di un rapporto in generale) sono inversamente proporzionali alla quantità di premesse necessarie agli interessati per comunicare sinceramente".
Bella, eh?

Saturday, July 30, 2005

Come demolire lo zoosemioticista

Le discipline zoosemiotiche, e quelle zoomusicologiche in particolare, costituiscono da qualche tempo una preoccupante minaccia per il mondo accademico, a partire dall’Università di Helsinki, che da qualche tempo di questa minaccia è uno degli epicentri. Elaborare una strategia di difesa, o meglio ancora di sabotaggio, è dunque non solo una necessità, ma proprio un dovere morale e politico per l’intera comunità scientifica.

Qui di seguito sono riportate alcune utili – e sperimentate con successo – indicazioni per smantellare ogni pretesa di serietà del discorso zoosemiotico. Valga per ognuna delle strategie suggerite, le parole-chiave che ne descrivono lo spirito sono generalizzazione, sincretismo, semplificazione, banalizzazione.

1 – Estendere il più possibile l’area dei possibili interessi dello zoosemioticista. Studiare un determinato comportamento di una determinata specie animale in un determinato contesto può e deve significare nella mente del sabotatore un onnicomprensivo interesse verso tutto il Regno Animale, incluse le sue sfumature più tangenti ed indirette. Qualunque Dr. Mario Rossi, studioso dei meccanismi di comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, va messo al corrente sistematicamente a) dello stato di salute e dell’attività ludica del gatto del sabotatore; b) della recente uscita nelle sale cinematografiche di un enne Free Willy; c) della clamorosa scoperta che due mucche di una fattoria della Florida hanno prodotto il triplo del latte grazie all’ascolto dell’intera discografia di Bruce Springsteen; e d) del fatto che una pagina dell’ultimo libro letto dal sabotatore contenga un riferimento all’attività venatoria di Federico II.

2 – Considerare l’eventuale e probabilissimo amore dello zoosemioticista verso gli animali come una precisa colpa scientifica. Va benissimo se uno studioso di Shakespeare ami Shakespeare, ma se lo zoosemioticista ama gli animali vuol dire almeno che è vegan, partecipa alle azioni dell’Animal Liberation Front e getta uova marce alle donne impellicciate all’uscita dall’opera. Di conseguenza

3 – Distribuire, a intervalli regolari, qualunque possibile luogo comune sugli animali e sulla relazione tra questi e gli esseri umani. Alcuni suggerimenti: a) meglio cento cavie che un bambino; b) gli uomini sono andati sulla luna, mica le zanzare; c) la caccia contribuisce all’equilibrio della fauna; e d) la dieta vegetariana è povera di proteine e ferro.

4 – Fare ampio uso del cosiddetto fattore PP, ovvero petitio principii. Ad esempio, nell’analisi delle differenze tra esseri umani ed altri animali, mostrare inesorabile chiarezza su tutti quegli argomenti che invece, nel discorso unicamente antropologico, chiari non lo sono affatto, come il concetto di linguaggio, intelligenza, estetica, autocoscienza etc. In altre parole, va benissimo se esiste totale discordanza sulla definizione di musica, l’importante è stabilire – dinnanzi a uno zoomusicologo – l’indisputabile assioma che essa sia un fenomeno esclusivamente umano. L’utilizzo del fattore PP rende inutile spiegarne il perché, impresa che di fatto sarebbe tutt’altro che agevole.

5 – Usare senza distinzione tutti gli intergroup biases offerti dalla psicologia sociale. A monte, la percezione del Regno Animale va articolata secondo una classica dinamica ingroup-outgroup: esseri umani da un lato, e tutti gli altri animali dall’altro. In particolare, si suggerisce il ricorso al cosiddetto outgroup homogeneity effect, che più di altri consente al sabotatore di fare di tutta l’erba un fascio. Per esempio, un comportamento rilevato in un ippopotamo si può considerare a priori rilevabile anche in uno squalo. Visto uno, visti tutti.

6 – Ricordarsi che quello degli animali è un soggetto naif. Del resto la maggior parte dei programmi televisivi o cinematografici sugli animali hanno un target infantile. Tale risorsa può essere capitalizzata in tre modi. Supponendo che il Dr. Mario Rossi, presentandosi, informi il sabotatore della sua ricerca sulla comunicazione interspecifica tra lupi e coyote, il sabotatore potrà reagire: a) con un leggero comprensivo sorriso che sottintenda un commento del tipo: “che cosa simpatica”; b) con finta invidia, sul genere: “beato te che puoi occuparti di queste cose! Io invece mi occupo di elettrotermografia”. Ovvero, “beato te che ti puoi divertire con queste cosucce: io devo contribuire al progresso”; c) con una ribattuta del tipo: “ma pensa che combinazione… proprio ieri stavo raccontando la favola di Cappuccetto Rosso a mia nipote”.

7 – Qui ci vuole molta compattezza tra i sabotatori. Tutti, ma proprio tutti, all’atto di apprendere l’attività del Dr. Rossi, dovrebbero fargli attraversare tre fasi: ripetizione, spiegazione, meraviglia. Esemplificando:
SABOTATORE: Di cosa ti occupi?
ROSSI: Zoosemiotica
S: Zoocosa?
R: Z-o-o-s-e-m-i-o-t-i-c-a
S: Zoosemiotica… e che cos’è?
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo!
Alla lunga, l’esposizione a una tale continua ridondanza dovrebbe sfiancare il Dr. Rossi. Qualora ciò non dovesse accadere

8 – È bene gestire anche la fase successiva alle succitate ripetizione-spiegazione-meraviglia, la fase FAQ, ovvero Forever Asked Questions. Le FAQ possiedono tre caratteristiche: sono poste di continuo (anche più volte dallo stesso sabotatore, in tempi neanche troppo distanti); riassumono concetti estremamente complessi ed articolati (sul genere “che cos’è l’amore” o “credi in Dio”); e pretendono risposte semplici, concise e convincenti. Riprendiamo il dialogo tra S e R:
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma davvero gli animali comunicano?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! E così gli animali comunicano… ma che si dicono?
Oppure
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma come fai a entrare nella loro mente per capire se veramente comunicano?
[…]
R: Beh… in soldoni è lo studio dei sistemi di comunicazione negli animali non umani…
S: Dai… ma è interessantissimo! Ma… comunicano-comunicano o… [ruotando le mani come per esprimere approssimazione] ‘comunicano’?

9 – In supporto alle FAQ, ed in particolare alla terza delle loro caratteristiche, il sabotatore può mostrare segni di insofferenza verso la spiegazione – necessariamente elaborata – fornita dal Dr. Rossi. “Sì, però stringi…”, “Sì, però in parole povere questo che vuol dire?”, “Sì, però insomma: comunicano o no?”, “Sì, però adesso non metterti a fare la conferenza”, e via di seguito.

10 – Presentare il Dr. Rossi ad altri amici come “cacciatore di lupi”, o “vecchio sciacallo”, o “lupo mannaro”. Far seguire una grassa risata.

Thursday, July 28, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (3)

C'era anche Mancopo Cassio, il re che non ne voleva sapere

Wednesday, July 27, 2005

inaugurazione della sezione SITUAZIONI UMILIANTI SENZA USCITA (SUSU)

Avete presente quella legge di Murphy che fa: "Non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi nemmeno ritirarti"? Ecco, questa è una SUSU: è quel genere di situazione dove qualunque cosa si faccia per cercare di uscirne si sbaglia. E non solo si sbaglia, si viene anche mazziati. Col tempo, ho collezionato un numero sufficientemente alto di SUSU per poterne stilare un piccolo database. Ve ne proporrò alcuni esemplari.

Cominciamo con una SUSU accaduta a Tartu, Estonia, poche settimane fa. Ristorante cinese. Comitiva di 10 persone esatte, incluso il sottoscritto. Unico vegetariano in un Paese, l'Estonia, che è tanto bello quanto carnivoro (corre voce che tutte le volte che lo visito, la percentuale di vegetariani nell'intero Stato entri nel novero dei numeri reali). La comitiva siede nel famigerato tavolo rotondo con il supporto girevole che serve a far circolare i piatti (attrezzo che già mi infastidisce di per sè, visto che detesto condividere il cibo: ordino quello che voglio e voglio quello che ordino!). Si decide di ordinare una serie di piatti da condividere, e naturalmente è un tripudio di polli alle mandorle, gamberoni fritti, anatre alla pechinese e maiali in agrodolce. Naturalmente ne deduco che non dovrò partecipare al banchetto, e che dovrò ordinare qualcosa solo per me, per un elementare senso di giustizia etica e algebrica: se ordino un piatto vegetariano, e questo risulta essere l'unico che posso mangiare in un campionario di 10 portate, alla fine mi spettera un decimo di porzione, e quindi un centesimo della cena, mentre i necrofagi (che non devono necessariamente rinunciare al vegetale) potranno assumere i ben più normali 10 centesimi del pasto.

Presa la decisione di ordinare una pietanza autonomamente, scatta una prima fase di pre-SUSU:
che faccio, dico ad alta voce che prendo un piatto solo per me?
Non lo dico, perchè sennò faccio la figura dell'ingordo che non vuole rischiare di rimetterci un singolo chicco di riso del proprio piatto. E poi il rischio di risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica "non ti preoccupare, il tuo piatto non te lo tocca nessuno" è alto.

Ordini effettuati. Dopo pochi minuti (efficienza estone) i piatti sono già serviti. Prendo il mio tofu funghi e bambù da parte, e lascio i cadaveri ai carnivori. Arriva già la prima occhiata storta, del genere "guarda quell'imbroglione che si prende il piatto tutto per sè, così - tra quello intero e gli assaggini dagli altri - mangerà più di tutti noi altri". Naturalmente il fatto che sia erbivoro, situazione di cui tutti i miei commensali sono a conoscenza, non sfiora la fautrice di quell'occhiata.

Seconda fase di pre-SUSU:
che faccio, lo ricordo ora che sono veggie e che ho ordinato un piatto a parte, visto che a nessuno è passato per la mente che sarebbe stato carino ordinare almeno un paio di piatti senza carne per farmi simbolicamente partecipare al banchetto, o - alternativamente - invitarmi in pubblico a prendere qualcosa per conto mio, visto che non avrò l'onore di partecipare alla necrofagia?
Non parlo neanche adesso, perchè di fatto nessuno mi ha detto niente, e dunque il rischio di una seconda risposta finto-comprensiva-in-realtà-dispregiativo-sarcastica(-e-anche-un-po'-stizzita) "Fa' pure. Guarda che nessuno si sta lamentando" è sempre elevato.

Ovviamente però non sono tranquillo: le occhiate oblique aumentano e io faccio sempre più la figura dell'ingordo egoista (cosa che in generale può essere vera, ma senz'altro non in questo caso). Mangio poco e con molta ansia. Sarebbe meglio legittimare la mia condizione in modo più ufficiale, così posso mangiare in pace (tra l'altro il tofu estone è buono). Opto per il gesto plateale. Offro - a voce abbastanza alta, in modo da poter essere sentito da più persone - un po' del mio tofu al vicino di posto, sicuro che, al massimo, egli ne prenderà un assaggino giusto per curiosità ma poi dirà realmente-comprensivo: "Non preoccuparti, mangia pure... sennò per te non c'è niente".
Illuso! Il vicino ringrazia distrattamente (come chi non riceve un favore, ma semplicemente qualcosa che gli spetta di diritto), si impossessa del piatto, ci affonda generosamente il cucchiaio, e - a scempio compiuto - lo ripone meccanicamente sul supporto girevole, come ha già fatto sei o sette volte durante la serata.

La SUSU vera e propria è cominciata. A questo punto non si può fare più niente: qualunque azione io possa intraprendere mi fa fare una figura di merda. O ingordo, o egoista, o polemico, o maleducato. Oppure, in mancanza di reazione, danneggiato economicamente e/o moralmente.
Mi alzo, allungo il braccio e mi reimpossesso del piatto? Ingordo.
Faccio girare velocemente il supporto e mi riapproprio del mio piatto prima che qualcun altro lo allegerisca ulteriormente? Maleducato.
Faccio notare che quel piatto è mio? Egoista.
Sollevo il problema del mio vegetarismo all'interno dell'economia di quella cena? Polemico.
Mi rassegno a mangiare quello che rimane (se rimane) del mio tofu, dopo un giro completo del supporto e altri 8 commensali che non hanno ancora assaggiato la pietanza? Danneggiato.
Ordino un altro piatto? Ingordo.
Mi alzo e me ne vado? Maleducato.
E così via, in loop.

Ora. Da un punto di vista logico, la SUSU è un sistema perfetto: ogni azione intrapresa porta ad un risultato coerente con le altre, almeno pragmaticamente (ma, di fatto, anche semanticamente). Se indichiamo con X quel risultato etico-economico nel quale il soggetto A viene penalizzato, si dimostra facilmente che qualunque azione A1, A2, A3, etc. porta a X.

Quindi, la SUSU è il Logos, la Res Extensa, la Ragion Pura.

Tuesday, July 26, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette (2)

C'era anche Fabio Fazio, il re che oltre a essere condottiero era anche conduttore

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (4)

C'era anche Piccolo, il nano verticalmente svantaggiato

Saturday, July 16, 2005

mi sforzo

...eppure una donna più cretina della Fallaci non mi viene in mente. Più stupide sì, più ignoranti pure. Ma più cretine, proprio no.
Mah!

Wednesday, July 13, 2005

Compagno Bobtail Camerata Rottweiler

Scritto nel lontano 1998, questo brano non è altro che la specializzazione ecologico-animalista, del pezzo di Giorgio Gaber "Destra & Sinistra", che è anche un gioco che adoro e che mi diverto ad applicare a vari contesti, con somma insofferenza di chi mi è vicino in quel momento. Si prende un qualunque argomento (oggetto, situazione, personaggio...) e gli si conferisce, giustificandolo adeguatamente e con logica, una connotazione politica, secondo un'ottica bipolarista. C'è anche una variante proporzionale, ma la lasciamo perdere per oggi.
I parametri di giudizio sono molteplici e liberi: si può tener presente la forma, la storia, l'utenza culturale dell'oggetto in questione e quant'altro si reputi opportuno. E così, partendo dallo storico dualismo prosciutto crudo-mortadella, il gioco si dipana fino a vette sublimi quali il golf (di destra perché sport individuale ed elitario, in opposizione al calcio, o meglio ancora alla Benniana Pallastrada) e la posizione a smorzacandela (di sinistra in quanto forma di emancipazione femminile, in opposizione alla pecorina).
Durante quella remota sera del 1998, pensai di circoscrivere queste riflessioni al ramo etico-sociale che più mi sta a cuore. Del tutto si potrà fare una sana risata, o, volendo, una semiseria analisi sociologica.

Fatto sta che in un periodo di compromessi e di melmismo ideologico-politico, ristabilire un pò di distanze mi sembra un'operazione piuttosto salubre.

Dunque. Cominciamo dalle cose facili. Caccia a destra e pesca a sinistra, indubbiamente. La tradizione, le prese di posizione dei partiti, la stessa 'morfologia' dei due (pfui!) sport, non può che imporre questa scelta. Del resto il fucile è parte integrante dell'oggettistica di destra, così come, a sinistra, la -ehm!- canna. Naturalmente, si distinguono anche delle correnti interne, visto che la caccia nei boschi è certamente meno a destra di un safari, e che la pesca da canna è più a sinistra di quella subacquea.
Delle altre crudeli forme e manifestazioni di maltrattamento ai danni degli animali, va notato che la lussuosa e anacronistica pelliccia fa sicuramente parte del repertorio destrorso, mentre i mancini optano con (forse) altrettanta insensibilità verso gli abiti in pelle, più economici e tamarri (per inciso, esiste il tamarro di destra e il tamarro di sinistra. Quello a cui mi riferisco adesso è il genere Ligabue-Springsteen). All'interno della categoria, non esiterò a collocare a destra gli accessori in coccodrillo, e a sinistra quelli in cuoio.

Cambiando argomento, la gente di destra sembra molto più incline al vegetarismo per ragioni salutiste e dietetiche, mentre nei vegetariani di sinistra, di minor numero, prevale la scelta etica. Va detto che la rinuncia alla carne è vissuta dal compagno come triste memoria delle carestie belliche, mentre la camerata vive questa scelta come uno status symbol, come di chi può 'permettersi' di farne a meno. Delle carni, collocherei la coscia di pollo a sinistra e l'anatra all'arancia a destra, mentre, per il pesce, che costituzionalmente è più a destra della carne nonostante l'apparente paradosso, ritengo più 'rosso' il merluzzo e più 'nero' il filetto di platessa.

Gli antivivisezionisti di sinistra ce l'hanno molto di più coi cosmetici che non con i farmaci, e naturalmente, a destra, la prospettiva si inverte. Negli orrori di stampo folklorico, invece, la corrida e il palio di Siena vanno a destra, contrapposti al circo e al combattimento tra galli, che sono forme di svago più proletarie e/o malfamate. Gli zoo, ahimè, sono trasversali.

Prevale, tra le camerate, più che l'animalismo, che si colloca à gauche, la zoofilia, scandita da tristemente noti ideali razzisti. Infatti, il cane di razza è per definizione nero, beatificato dal padrone che lo considera superiore, mentre il bastardino, meglio se trovatello, è inequivocabilmente rosso. Segnalo ancora qualche corrente interna. Rottweiler e Doberman, non foss'altro per i nomi, tendono molto più a destra di un dalmata (grazie al J'accuse anti-pellicce della Carica dei 101) o di un bobtail (che è capellone, e dunque sessantottino). Rin Tin Tin è comunque il tipico yankee imperialista di destra.

I gatti partono già più a sinistra, in quanto meno asserviti al dispotismo umano (tra l'altro, hanno i baffi!). In particolare i randagi, che, organizzati in autentiche comuni, vivono dei rifiuti della società capitalistica e non possono che strizzare l'occhio a Marx, rispetto a spaparanzati e ultra-coccolati persiani, il cui modello sembra essere Re Sole.
Degli altri animali domestici, mi sembrano più di sinistra i pappagalli, dotati di maggiore dialettica e di una ridondanza oratoria sottilmente ironica verso il sistema, che non i canarini, il cui canto, nell'incivile condizione cui l'essere umano li relega, appare più simile a un Me ne frego, che non a una ballata di Joan Baez. A destra è anche l'acquario, all'opposto dell'ampolla col pesciolino, soprattutto se rosso!

Capitolo volontariato. A monte, le fondazioni e i circoli vanno a destra e le associazioni e le leghe a sinistra. Ne consegue che il WWF e l'ENPA sono nere (anche perchè le politiche protezioniste e conservazioniste sono tipiche di quest'area politica), mentre la LAV e la Legambiente sono rosse. Discorso a sé va fatto per l'Animal Liberation Front, che appartiene ad una frangia sicuramente extra-parlamentare, ma bisogna vedere da che parte. Se infatti, da un lato, le sue incursioni terroristiche, senz'altro condannabili, si rifanno chiaramente alle tecniche di strategia della tensione di estrema destra; dall'altro, l'intento è palesemente rivoluzionario, per cui se si accetta l'idea che l'attuale stato di cose, in materia di diritti animali, è paragonabile ad un regime totalitario fascista, ben vengano i partigiani dell'ALF a liberare gli oppressi.

In ultimo, uno sguardo agli animalisti celebri. La sinistra può vantare una schiera molto nutrita, da George B.Shaw, notoriamente comunista dichiarato, a Albert Einstein. Da Gabriele Salvatores a Fabio Fazio e Peter Gabriel (la sinistra dei Genesis). Camerate animaliste sono invece Brigitte Bardot (dichiarata simpatizzante di LePen), Franco Zeffirelli (deputato di Forza Italia), Adriano Celentano (leghista), Phil Collins (la destra dei Genesis), e, più indietro nel tempo, Federico II (che, sì, cacciava, ma che è stato il primo a imporre dei divieti di caccia nelle zone a rischio, salvando di fatto molti esemplari dall'estinzione) e Adolf Hitler (sincero amante degli animali, e - anche se duole ammetterlo - fautore, durante il nazismo, di una civilissima legislazione in materia di diritti animali). Abbastanza neutrali andrebbero considerati i Beatles (sicuramente McCartney e Harrison, Ringo come al solito si accoda, mentre su Lennon ci sono notizie contrastanti, ma a sentire "The continuing story of Bungalow Bill" bisogna accreditargli come minimo un disprezzo verso la caccia), mentre decisamente super partes è il vegetariano dei vegetariani, Leonardo da Vinci.

E questo è quanto. Giova, a mo' di conclusione, sottolineare che sia l'interesse che il disinteresse verso queste tematiche mostra in generale un carattere molto al di sopra delle parti, e in un certo senso, al di sotto. Infatti, la consapevolezza ecologica ed interspecifica sono potenzialmente alla portata di tutti e al di là dei pregiudizi ideologici, ma, allo stesso tempo, appare evidente che questa consapevolezza non è stata acquisita ne' da una fazione ne' dall'altra (soprattutto dell'altra mi girano un po' le scatole: tanto parlare di anti-razzismo e anti-fascismo, ed eccoli cadere in un blando e interminabile campionario di specismo). C'è ancora da aspettare, anche se ragioni per essere ottimisti ce ne sono.

Monday, July 11, 2005

EDIZIONI LIMITATE: i re di Roma erano molto più di sette

C'era anche SERVO STERZO, il re che facilitò la svolta

EDIZIONI LIMITATE: i nani erano molto più di sette (3)

C'era anche LUPPOLO, il nano che andava all'Oktober Fest

Friday, July 08, 2005

Liguori scende in campo lungo

Non riusciro mai a venire a capo di un personale dubbio: è più pericoloso Emilio Fede o Paolo Liguori? Vado a periodi: la sfacciataggine senza alcuna inibizione di Fede sarebbe assolutamente innocua, se non ci fosse gente che scambia il suo irresistibile spettacolo di cabaret per un telegiornale. Quindi, chi se la beve, se la beve grossa. La parvenza lievemente più sveglia di Liguori (che è tutto dire) alle volte mi preoccupa di più, perchè - anche se la forma è un tantino più cauta (che è nuovamente tutto dire) - i contenuti (altrettanto deliranti) si insinuano più infidi e insospettati. E' un bel problema...
Però oggi mi occupo di Liguori. Nell'editoriale di TgCom sui fatti di Londra (http://www.tgcom.it/mondo/articoli/articolo265538.shtml), intitolato "Una grande lezione di inglese", il nostro (il nostro? Il loro!!!) ha giustamente messo in evidenza la dignità mass-mediatica degli inglesi, che in effetti, nel coprire l'evento, hanno cercato di limitare al minimo inutili vittimismi e Tv del dolore. Scrive il loro:

"Ore di diretta televisiva non ci hanno mostrato una sola immagine di dolore esasperato, di terrore. Le telecamere hanno lavorato costantemente con i campi larghi e lunghi. Non abbiamo visto neppure un primo piano di feriti, morti, persone disperate. E questo è avvenuto all’unisono da parte di tutti i mezzi d’informazione, proprio nel posto in cui è nato storicamente il libero mercato e la concorrenza. Nessun mezzo d’informazione ha violato la consegna morale, né per un’immagine in più, né per la conquista di un ipotetico spettatore".

E in effetti c'è da essere d'accordo. Bravo Liguori? Macchè... vado a vedere la galleria fotografica (http://www.tgcom.it/fotogallery/fotogallery1444.shtml) che TgCom ha dedicato all'attentato e...








Più tante altre che potete verificare di persona.

Una grande lezione di inglese.

Siamo tutti d'accordo.

Peccato che a quella lezione Liguori abbia bigiato.

giusto per rinforzare il concetto...

Beppe Grillo (www.beppegrillo.it):
"E poi l’integrazione, chi viene in Europa dovrebbe rispettarne le leggi o andarsene. Voglio un’Europa sorridente, multietnica, unita dagli stessi valori, in cui lo Stato viene sempre prima delle dottrine religiose e dei fanatici".